Dizionario dei Pittori Bresciani
  • INIZIO
  • ELENCO PITTORI
  • VERSIONE ESTESA
  • Inserimento o modifica

BORDIGA GIOVANNA

Brescia, 1952.

Allieva di Augusto Ghelfi, è pittrice e plastica. Opera nel campo artistico dall’ultimo scorcio degli an-ni Sessanta, con partecipazioni a concorsi e premi locali come il S. Agata, Concesio, Montichiari, in alcuni dei quali si afferma.
Se le sue opere hanno della pittura del maestro innegabili riflessi formali, è altresì ravvisabile in es-se la pungente ricerca di una espressione personale che origina dallo stato fisico della pittrice e al conseguente bisogno di esternare quanto la sofferenza ha maturato in lei e preme sull’animo.
Questo bisogno di autonomia si propone in una delle opere premiate: La steppa (circa 1974) e si riafferma in dipinti ispirati alla stagione prediletta, l’autunno capace di “far risplendere gli ultimi ori estivi e far rivivere la lenta agonia della natura che se ne va verso il mistero di morte e di rinascita dell’inverno”.
Guido Stella, dal quale ricaviamo quest’ultima osservazione (“La Voce del popolo”, 22 febbraio 1974), fa altresì riferimento all’esortazione e all’incoraggiamento offerti alla Bordiga dai noti pittori Oscar Di Prata e Lorenzo Favero.
 
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.

BORDIGA ANGELO

Bagolino, 1964.

La sua nascita alla pittura avviene quando, decenne, gli vennero regalati alcuni tubetti di colore e un pennello. La maturazione, invece, mediante l’osservazione, la meditazione di opere scaturite dallo psicologismo austriaco di autori nordici, soggetto pure alla suggestione dell’espressionismo rurale del conterraneo Antonio Stagnoli. Si è conosciuta la sua opera nell’estate 2004 perché espo-sta a Maderno del Garda: una serie di figure “in posa” di chiara impronta espressionista evocante certe immagini tragiche di Bacon. Figure sedute, erette, assopite d’ogni età delle quali sono le in-quietudini attraverso l’espressione tesa dei volti. Non c’è descrizione di ambiente intorno, ma solo il tono uniforme d’una atmosfera che appartiene sì all’interno di una stanza, ma riflette l’intima es-senza delle anime alberganti nei vari personaggi ritratti.
Ben ha osservato Tonino Zana che ha affermato: Bordiga ama la giovinezza e la maturità meditati-va, nel governo di un rosso plasmato dimostra di conoscere le fasi della crisi, negli spigoli dei profili enuclea la teoria secondo cui essi si assottigliano in seguito agli spazi esistenziali, agli incidenti mortali dell’intolleranza.
Atmosfere sospese alitano nei dipinti di Angelo Bordiga i personaggi del quale assumono significato d’una esposizione sofferta, della esperienza vissuta dalla creatura umana: con i suoi drammi, con la sua solitudine.
 
BIBLIOGRAFIA
T. ZANA, Le stanze dell’anima, “STILE Arte” n. 80, luglio 2004.
 

BORGHETTI SECCAMANI CATERINA

Secolo XVIII.

Studiò per hobby alla scuola di Sante Cattaneo. Espose i suoi primi dipinti all’Ateneo nel 1819, “proseguendo poi - scrive il Cicogna, nelle sue note inedite al Fenaroli - nel liberale esercizio acqui-stando franchezza nei ritratti ed anche in soggetti di composizione da parere quasi più artista che dilettante”. Morì nel 1861.
 
BIBLIOGRAFIA
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore 1984.

BORMETTI EGIDIO

Ponte di Legno, 16 dicembre 1951. Vive e opera a Ponte di Legno e Milano.

Figlio d'arte, perché appartenente a famiglia dedita alla lavorazione artigianale del legno, è fratello di Luigi (v.).

Formatosi artisticamente alla scuola di Bruno Munari, giovane ancora e in evoluzione, è scultore in legno. Nei suoi lavori si ravvisa la ricerca di un'astrazione coniugante uomo e ambiente: un modulo ben indicato dal titolo di una composizione, Comprensione umana, bassorilievo nel quale le figure, tracciate con segno riassuntivo, essenziale si compenetrano in una sorta di mosaico. Così come si compenetrano gli intenti che animano le raffigurazioni cui l'autore affida sentimenti di solidarietà, di compianto e, al tempo stesso, motivi sacri e della quotidianità.

Presente a manifestazioni collettive in varie località, qui si possono ricordare l'invio e l'evidenziarsi di sue opere a Salò e Gavardo (1972); S. Giorgio di Livenza (1976); Brescia Wremio Moretto, 1976); Soncino e Firenze (1977). Una sola mostra personale ha ordinato, alla"Galleria La cornice-di Desenzano, nel 1977. Dopo d'allora sembra aver disertato le sale di esposizione e, pur dedicandosi all'attività creativa, ha prestato prevalente impegno nel campo dell'antiquariato e al commercio di opere d'arte in genere, spostandosi sovente nel capoluogo lombardo.

BORMETTI LUIGI

Ponte di Legno, 23 febbraio 1948. Vive e opera a Ponte di Legno.

Cresciuto nel laboratorio paterno, è fratello di Egidio (v.). Ha studiato intaglio e scultura a Torino, Milano e Ortisei nel cui Istituto d'arte ha meritato il primo premio nel corso di composizione plastica.

Ancor giovane, può tuttavia vantare nutrito curriculum espositivo. Sue presenzeb a mostre collettive si ricordano a Brescia (1971, 72, 73 e 74); Chiesa Valmalencd (Sondrio) nel 1973; Ponte di Legno e Sarezzo (1974); Firenze (1975, 76 e 77); S. Giorgio di Livenza (1975, 76); Bienno (1975); Soncino (1977). Mostre personali ha invece allestito a Temù (1972); Desenzano (1973, 77); Brescia (Galleria A. A. B., 1974); riconoscimenti ha meritato alla esposizione dell'E. I. B. (Brescia, 1971), alla Nazionale d'arte e lavoro di S. Giorgio di Livenza (1976), ancora lo stesso anno a rassegna biennese.

Nelle opere di Luigi Bormetti s'avverte la ricerca del dinamismo nella forma, come ben testimonia il noto bassorilievo Odissea nello spazio in cui la concezione informale riesce tuttavia a rendere ritmi e volumi.

Come è nella tradizione dell'intaglio, anche Luigi Bormetti congiunge opere di libera fantasia, moti dell'animo e lavori di artigianato, dando vita a cornici, armadiature, cassapanche ove l'elemento decorativo riveste non secondaria importanza. Numerosi sono ormai gli appassionati che ambiscono avere sue opere, tanto che possono essere citate varie località ov'è possibile rintracciare il frutto del suo scalpello: Brescia e Rezzato, Ravenna e Torre Boldone, Pisticci Scalo e Saronno e Monza, Messina, Edolo per non dire di città di Germania, Francia, Spagna, Svezia, Irlanda, Russia e Stati Uniti.

BORNIC

 Vedi Righettini Piero.

BORRANI FAUSTO

Brescia, 6 agosto 1925.

Illustratore e pittore, assunto dalla Scuola editrice appena finito il secondo conflitto mondiale, per ventisei anni ha prestato la sua opera in quella Società. Ma anche dopo il collocamento in pensione prosegue la collaborazione con le maggiori case editrici italiane realizzando serie di disegni, colorati o in bianco e nero, per enciclopedie e libri per ragazzi tradotti in varie lingue. Continua così a creare tavole che, alla gradevolezza compositiva, congiungono la estrema esattezza scientifica.
Se Borrani alla attività grafica può aver sacrificato per anni la vena creativa, in queste opere ha tuttavia raggiunto livelli di indiscussa unicità.
Fin da giovane ha sentito trasporto per la pittura, alla quale si è dedicato nei momenti liberi dalla attività editoriale. In recenti anni ha intensificato la partecipazione a collettive locali o nazionali, meritando medaglia d’argento in una esposizione a Genova (1977). Sue personali si ricordano alla “Bottega d’arte” (1946), alla A.A.B. (1972), al “Bistro” (1976) in Brescia; a Verona (1973) e località minori.
Le mostre più vicine erano legate alle edizioni delle cartelle: “Colori bresciani”, “Colori veronesi” e “Colori del Garda” composte da venti motivi ciascuna delle zone o località illustrate. Ma Fausto Borrani ha sempre dedicato amorevole attenzione a Brescia, ai suoi monumenti, agli angoli sugge-stivi e nascosti, tanto che in Museo locale sono custoditi acquarelli ritraenti le chiese di S. Afra, S. Maria dei Miracoli e il Duomo danneggiati dai bombardamenti dell’ultimo conflitto.
Noti altresì i suoi antichi portali, le fontane che, per fedeltà all’originale, accuratezza esecutiva, si fanno documento, testimonianza. Giovanissimo, dalla signora Locatelli aveva ricevuto l’incarico di ritrarre a penna una serie di fontane bresciane, lavoro purtroppo interrotto e, con la scomparsa della committente, disperso. Né vanno ignorati i motivi a tratto di nobili palazzi (La Loggia, il Bro-letto ecc.) riprodotti in ripetute edizioni di cartoline.
Saltuariamente Borrani si è dedicato anche al ritratto.
Occasione di evocare gli esordi artistici, quando ancora era fanciullo, in grado di impressionare l’insegnante e l’intera direzione scolastica, di ricordare la maturazione dle progetto che lo ha por-tato a illustrare la sua città, è stata offerta a Borrani nel 1991 quando l’Editrice Grafo ha pubblicato il volume “Trenta fontane di Brescia negli acquarelli di Fausto Borrani” nel quale si alternano fonta-ne note, come quella della Pallata, di Corso Mameli all’incrocio con San Giovanni, di Palazzo Soardi, ora Bruni Conter di via Trieste, ed altre più modeste celate allo sguardo perché interne a cortili… A conferma del mai attenuato affetto a Brescia e alle sue bellezze coniuganti storia e fascino non ca-duto.
Un racconto fatto con rara perizia e umiltà. Quell’umiltà che porta Borrani a unirsi ad altri cento e cento pittori, lui artista vero, che in occasione delle ricorrenti manifestazioni prodotte in Borgo Trento espongono i loro elaborati. E lui, serafico, amabilissimo, ancora capace di emozionarsi alle espressioni di ammirazione porter da conoscenti e sconosciuti…
 
BIBLIOGRAFIA
“Bollega d’arte”, Brescia, 13 - 27 aprile 1946.
“La Provincia di Brescia”, 15 aprile 1946.
E. Z., F. Borrani, “Il Cittadino”, 27 aprile 1946.
E. PASINI, Nel mondo dell’arte, “La Provincia di Brescia”, 19 gennaio 1948.
G. VALZELLI, “Colori bresciani”, Ed. del Rosone, Brescia, 1972. (Testo in cartella).
R. BRESCIANI, Preziosa cartella, “Giornale di Brescia”, 17 dicembre 1972.
G. BELTRAMINI, “Colori veronesi”, Grafo edizioni, Brescia 1973. (Testo in cartella).
G. BELTRAMINI, “Colori del Garda”, Grafo edizioni, Brescia 1974. (Testo in cartella).
G. FACC., Acquarelli veronesi, “L’Arena”, 6 giugno 1974.
“Premio Moretto”, Suppl. ai n. 18 di “Comunità”, a. XX, 16 settembre 1975.
C. VILLANOVA, “Galleria Bistro”, Brescia, 11 - 27 dicembre 1976.
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 18 dicembre 1976.
“Arte bresciana oggi”, Sardini Ed., Bornato.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
R. LONATI, Borrani, fedele cantore della vecchia Brescia, “STILE Arte” n. 56, marzo 2002.
NOTA:
Un estratto da “Colori bresciani”, Edito dalla Grafo, 1975, racchiude alcune recensioni alle su ricordate cartelle.

BORSATO TULLIO

Chiari, 9 novembre 1877 - Bergamo, 24 ottobre 1922.

Le uniche notizie su questo artista le apprendiamo dalla "Enciclopedia bresciana" di Antonio Fappani, che lo definisce pittore e scultore.

Ostacolato nel suo sogno di essere artista, fugge a Milano dove frequenta l'Accademia di Brera, quindi si traferisce a Firenze. Emigrato in Belgio, in quella nazione vive e opera per vari anni, venendo a contatto con note personalità artistiche. L'invasione tedesca nel 191410 costringe a far ritorno in Italia, dov'è militare durante la prima guerra mondiale.

Nel dopo guerra aderisce a numerosi concorsi per la erezione di monumenti commemorativi, fra i quali quelli sul Monte Grappa e di Castrezzato.

A. Fappani gli attribuisce anche il monumento di Chiari.

BORSONI TORQUATO

  • Nome d'arte: Toto

Santa Marianova (AN) 2 giugno 1897 - Brescia, 13 aprile 1972.

Direttore didattico nella terra natia, è giunto nel Bresciano durante il secondo conflitto mondiale ed assunse l’incarico di ispettore. Pur impegnato nel campo della scuola svolse notevole attività artisti-ca, esprimendosi in varie tecniche: dall’incisione su linoleum (che maggiormente lo ha fatto cono-scere) all’acquarello, alla tempera.
Combattente durante i due conflitti mondiali, nel 1919 con Wenter Marini collaborò alla ideazione della campana dei caduti di Rovereto.
Quando ancora operava nella città natale, fu vicino al noto gruppo degli incisori della Scuola mar-chigiana facente capo ad Adolfo De Carolis, prediligendo tuttavia gli ideali d’arte di Bruno da Osimo, al secolo Bruno Marsili.
Degli anni Trenta la sua collaborazione a il “Corriere adriatico” di Ancona e a “Il Resto del Carlino” di Bologna per i quali compose svelte caricature a penna.
Pittore figurativo, predilesse il paesaggio: marine e colline, ma soprattutto ritrasse le architetture nobili o dimesse testimoniate in Brescia dalla edizione di tre raccolte di incisioni nei calendari per gli anni 1967, 1968, 1969. Presentati da Renzo Bresciani, i “lunari” illustrano “I chiostri di Brescia” (1967), “Le fontane” (1968), “I portali” (1969).
Carattere schivo, soprattutto dopo il 1962 operò silenziosamente nel suo studio di piazzale Golgi, raramente presentandosi al pubblico: tanto che numerosi suoi lavori proponenti visioni marchigiane e bresciane sono presso i familiari e ancor oggi inediti. V’è da sperare che i figli, Renato è noto cultore di teatro, sappiano presto mettere in luce il frutto di chi “dovunque ha operaio ha lasciato il segno della sua competenza e passione”.
 
BIBLIOGRAFIA
Con la Voce in “Enciclopedia bresciana”, Ed. La Voce del popolo, si ricordano i testi di R. Bresciani inseriti nei tre “lunari” degli anni 1967, 68, 69: riprodotti, in prossimità dei ri-spettivi capodanno, anche in quotidiani locali.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
R. LONATI, Torquato Borsoni, nel cuoio inciso una Brescia in chiaroscuro, “STILE Arte” n. 41, settembre 2000.
 

BORTOLOTTI TIMO

Darfo, 15 giugno 1884 - Milano, 15 ottobre 1954.

Orfano in tenera età, appena raggiunta la capacità, assume la direzione delle cave paterne, affrontando la scultura nei momenti liberi dall'attività commerciale. Volontario durante la prima guerra mondiale, raggiunge il grado di maggiore degli alpini; ferito sull'Ortigara, è decorato con medaglia d'argento al valor militare. Frequenta i corsi dell' Accademia di Brera a Milano, sotto la guida di Cesare Tallone, di Leonardo Bistolfi; indi fa ritorno a Brescia e nel 1923 vi apre studio ove medita e realizza il suo primo impegnativo lavoro: il monumento ossario della Vittoria alata al passo Tonale dominato dalla sintetica e candida figura del Cristo risorto.

AI 1924 datano il più evidente lavoro su commissione e la partecipazione a rassegne che ben presto si allargano al campo nazionale e internazionale: Milano, Firenze, Bergamo, Napoli, Roma dove presenzia alle Quadriennali, oltre che con personali; nel 1930 si aggiudica il primo premio alla Mostra Internazionale d'arte sacra di  Padova, lo stesso anno è invitato alla Biennale internazionale di Venezia, dove tornerà negli anni 1934, 1936, 1940 e 1942; nel 1935 si aggiudica il premio capitolino "Savoia Brabant~", nuovamente suo anche nel 1940; nel 1936 consegue riconoscimento d'onore a Budapest e nel 1937, con Arturo Martini e Marino Marini, divide l'affermazione al Gran Prix alla Expo di Parigi.

Altro suo monumento è quello eretto a Bienno, con il grandioso Redentore: il lavoro lo impegna dal 1929 al 1931 ed una replica gli viene proposta da citta del Cile. Frattanto l'affermazione lo induce a aprire studio in Milano. dove negli anni Trenta ha modo di frequentare e di legarsi da consuetudine con un significativo gruppo di artisti annoverante Wildt, Achille Funi, Marussig, entrando a far parte della Scuola libera del nudo. E poi Arturo Martini, Sironi, Carpi, Carrà, De Grada ... Dei contatti avuti con i notevoli artisti citati, dell'attenzione dedicatagli da noti critici resta testimonianza in pagine dettate da Antonio Baldini, Michele Biancale, Attilio Freschi, Franco Ciliberti, Enrico Somarè, Carlo Tridenti (1935). Noto anche l'invito fattogli di entrare a far parte del direttorio del sindacato fascista di B. A. Negli anni di maggiore attività non volle tralasciare di trascorrere periodi nei luoghi della giovinezza: a Capolago le sue sorelle custodivano una villetta affacciata al minuscolo specchio d'acqua e vi confluivano amici e conoscenti, attratti dal panorama ma ancor più dall'accoglienza e dal buon cibo. Lo stesso Arturo Martini nel 1936 si innamorò di quel silenzioso e isolato angolo, tanto da versare una caparra per l'acquisto di appezzamento sufficiente per edificare una casetta.

Alternando soggiorni a Milano e fugaci apparizioni nei luoghi natii, Bortolotti ha continuato ad operare anche negli anni del secondo conflitto mondiale. Nel dopo guerra una "crescente voluta solitudine artistica, fino al giorno della morte avvenuta nell'ospedale milanese di Niguarda".

L'attività svolta lontano da Brescia, l'ultimo scorcio di vita silenziosamente trascorso, l'affermarsi di nuovi fermenti hanno sicuramente contribuito ad allontanare il ricordo dell'artista. Suo tuttavia il monumento ai fratelli Calvi eretto al Tonale nel 1952.

Dalla Mostra postuma voluta nel 1974 da Gian Ferrari (che dello scultore ha sposato la figlia) ha preso avvio la riacquisizione di valori espressi da Bortolotti, ritrattista attento, sensibile, amorevole interprete della figura umana, ricercatore costante di una forma poetica aderente alla realtà.

Numerosissime sono le opere accolte in private e pubbliche collezioni a Milano, Roma, Firenze, Genova, Piacenza, Ferrara, Faenza, S. Marino, quindi in Germania, Svizzera, Gran Bretagna e Francia.

Altre sono alla Galleria d'arte moderna e nel palazzo del governo di Milano, nel museo mussoliniano a Roma, nel museo di guerra a Rovereto, nelle sale del Buon Consiglio di Trento ...

Fra tante, possiamo citarne alcune: una lapide resta nel cimitero di Gorzone (1911), Maternità che fu esposta alla Biennale di Milano (1926), Preghiera (1927), Pietà (1928), Ritratto di A. Tosi (1930), Fanciulla (Galleria d'arte moderna, Milano, 1931), monumento ai Lupi di Toscana (Brescia, 1933), Ritratto di Luci/la Antonelli (1933), Ritratto del Cap. Sora (Foresto Sparso, 1933), Ritratto di Aglae Sironi (Esposto a Venezia nel 1934), Cesare Battisti (1934), Contadinella (Museo capitolino, 1934), Prima pesca (1934), Crocifisso (Ospedale militare, Brescia, 1935), Riflessi, Riccioli neri, Treccine bionde, Il pescatorello, tutte opere del 1935, come Ifratelli Facchi esposti a Roma.

Nike, Figlia di Maria, Dioscuro risalgono al 1937, così Pietà e Riflessi presenti alla Biennale veneziana nel 1940.

Ragazza lombarda (1939), Primula (1940), Vittoria tra i vinti, esposta a Venezia nel 1942 si congiungono ad altre opere di cui non abbiamo datazione certa, come Socrate Lovis, Bevitore, Sonno, Accademisti, Trampolino, Maternità e Infanzia, Annunciazione, Giovannino, Giuseppina, Anitre alcune delle quali in terra cotta policroma.

Nel 1981, Brescia ha riveduto alcune opere riunite nella mostra postuma ordinata dalla "Galleria Ferrari" di via Crispi. In quella occasione si ritrovarono vicine piccole composizioni, quelle in cui "l'anima poetica di Timo Bortolotti si ritrova integra e intera: ritratti, volti e corpi delicati e trepidi scoperti da uno sguardo ansioso di verità. Immagini tenere, immediate, familiari spiranti una quotidiana dolcezza", com'ebbe a dire Elvira Cassa Salvi recensendo la rassegna, nel "Giornale di Brescia" del 25 gennaio 1981.

  1. BOSCAGLIA ROMANO
  2. BOSCAI'
  3. BOSCAIOLO PIETRO PAOLO
  4. BOSCARETTI FELICE

Pagina 34 di 190

  • 29
  • 30
  • 31
  • 32
  • 33
  • 34
  • 35
  • 36
  • 37
  • 38

Copyright © 2023 Associazione Giorgio Zanolli Editore. Tutti i diritti riservati.

Aiuta il dizionario dei pittori Bresciani