Darfo, 15 giugno 1884 - Milano, 15 ottobre 1954.
Orfano in tenera età, appena raggiunta la capacità, assume la direzione delle cave paterne, affrontando la scultura nei momenti liberi dall'attività commerciale. Volontario durante la prima guerra mondiale, raggiunge il grado di maggiore degli alpini; ferito sull'Ortigara, è decorato con medaglia d'argento al valor militare. Frequenta i corsi dell' Accademia di Brera a Milano, sotto la guida di Cesare Tallone, di Leonardo Bistolfi; indi fa ritorno a Brescia e nel 1923 vi apre studio ove medita e realizza il suo primo impegnativo lavoro: il monumento ossario della Vittoria alata al passo Tonale dominato dalla sintetica e candida figura del Cristo risorto.
AI 1924 datano il più evidente lavoro su commissione e la partecipazione a rassegne che ben presto si allargano al campo nazionale e internazionale: Milano, Firenze, Bergamo, Napoli, Roma dove presenzia alle Quadriennali, oltre che con personali; nel 1930 si aggiudica il primo premio alla Mostra Internazionale d'arte sacra di Padova, lo stesso anno è invitato alla Biennale internazionale di Venezia, dove tornerà negli anni 1934, 1936, 1940 e 1942; nel 1935 si aggiudica il premio capitolino "Savoia Brabant~", nuovamente suo anche nel 1940; nel 1936 consegue riconoscimento d'onore a Budapest e nel 1937, con Arturo Martini e Marino Marini, divide l'affermazione al Gran Prix alla Expo di Parigi.
Altro suo monumento è quello eretto a Bienno, con il grandioso Redentore: il lavoro lo impegna dal 1929 al 1931 ed una replica gli viene proposta da citta del Cile. Frattanto l'affermazione lo induce a aprire studio in Milano. dove negli anni Trenta ha modo di frequentare e di legarsi da consuetudine con un significativo gruppo di artisti annoverante Wildt, Achille Funi, Marussig, entrando a far parte della Scuola libera del nudo. E poi Arturo Martini, Sironi, Carpi, Carrà, De Grada ... Dei contatti avuti con i notevoli artisti citati, dell'attenzione dedicatagli da noti critici resta testimonianza in pagine dettate da Antonio Baldini, Michele Biancale, Attilio Freschi, Franco Ciliberti, Enrico Somarè, Carlo Tridenti (1935). Noto anche l'invito fattogli di entrare a far parte del direttorio del sindacato fascista di B. A. Negli anni di maggiore attività non volle tralasciare di trascorrere periodi nei luoghi della giovinezza: a Capolago le sue sorelle custodivano una villetta affacciata al minuscolo specchio d'acqua e vi confluivano amici e conoscenti, attratti dal panorama ma ancor più dall'accoglienza e dal buon cibo. Lo stesso Arturo Martini nel 1936 si innamorò di quel silenzioso e isolato angolo, tanto da versare una caparra per l'acquisto di appezzamento sufficiente per edificare una casetta.
Alternando soggiorni a Milano e fugaci apparizioni nei luoghi natii, Bortolotti ha continuato ad operare anche negli anni del secondo conflitto mondiale. Nel dopo guerra una "crescente voluta solitudine artistica, fino al giorno della morte avvenuta nell'ospedale milanese di Niguarda".
L'attività svolta lontano da Brescia, l'ultimo scorcio di vita silenziosamente trascorso, l'affermarsi di nuovi fermenti hanno sicuramente contribuito ad allontanare il ricordo dell'artista. Suo tuttavia il monumento ai fratelli Calvi eretto al Tonale nel 1952.
Dalla Mostra postuma voluta nel 1974 da Gian Ferrari (che dello scultore ha sposato la figlia) ha preso avvio la riacquisizione di valori espressi da Bortolotti, ritrattista attento, sensibile, amorevole interprete della figura umana, ricercatore costante di una forma poetica aderente alla realtà.
Numerosissime sono le opere accolte in private e pubbliche collezioni a Milano, Roma, Firenze, Genova, Piacenza, Ferrara, Faenza, S. Marino, quindi in Germania, Svizzera, Gran Bretagna e Francia.
Altre sono alla Galleria d'arte moderna e nel palazzo del governo di Milano, nel museo mussoliniano a Roma, nel museo di guerra a Rovereto, nelle sale del Buon Consiglio di Trento ...
Fra tante, possiamo citarne alcune: una lapide resta nel cimitero di Gorzone (1911), Maternità che fu esposta alla Biennale di Milano (1926), Preghiera (1927), Pietà (1928), Ritratto di A. Tosi (1930), Fanciulla (Galleria d'arte moderna, Milano, 1931), monumento ai Lupi di Toscana (Brescia, 1933), Ritratto di Luci/la Antonelli (1933), Ritratto del Cap. Sora (Foresto Sparso, 1933), Ritratto di Aglae Sironi (Esposto a Venezia nel 1934), Cesare Battisti (1934), Contadinella (Museo capitolino, 1934), Prima pesca (1934), Crocifisso (Ospedale militare, Brescia, 1935), Riflessi, Riccioli neri, Treccine bionde, Il pescatorello, tutte opere del 1935, come Ifratelli Facchi esposti a Roma.
Nike, Figlia di Maria, Dioscuro risalgono al 1937, così Pietà e Riflessi presenti alla Biennale veneziana nel 1940.
Ragazza lombarda (1939), Primula (1940), Vittoria tra i vinti, esposta a Venezia nel 1942 si congiungono ad altre opere di cui non abbiamo datazione certa, come Socrate Lovis, Bevitore, Sonno, Accademisti, Trampolino, Maternità e Infanzia, Annunciazione, Giovannino, Giuseppina, Anitre alcune delle quali in terra cotta policroma.
Nel 1981, Brescia ha riveduto alcune opere riunite nella mostra postuma ordinata dalla "Galleria Ferrari" di via Crispi. In quella occasione si ritrovarono vicine piccole composizioni, quelle in cui "l'anima poetica di Timo Bortolotti si ritrova integra e intera: ritratti, volti e corpi delicati e trepidi scoperti da uno sguardo ansioso di verità. Immagini tenere, immediate, familiari spiranti una quotidiana dolcezza", com'ebbe a dire Elvira Cassa Salvi recensendo la rassegna, nel "Giornale di Brescia" del 25 gennaio 1981.