v. ASSOCIAZIONE ARTISTI BRESCIANI (A.A.B.)
L’Associazione Artisti Bresciani è un’agenzia di pubblico servizio, convenzionata con il Comune e la Provincia di Brescia, e ha lo scopo di promuovere iniziative di carattere culturale, in particolare la conoscenza e lo studio delle arti figurative e visive e degli artisti bresciani.
L’AAB ha sessantacinque anni di vita ed ha segnato profondamente la realtà culturale ed artistica locale è una Associazione che opera senza fini di lucro in collaborazione con istituzioni ed enti pubblici e privati.
Il 24 maggio 1945, ad appena un mese dalla Liberazione, nella sede della Camera del Lavoro, su iniziativa di un gruppo di artisti coordinati dallo scultore Giovanni Asti, nacque ufficialmente a Brescia un sodalizio denominato “Arte e cultura”, che si costituì fin dall’inizio come libera associazione, con il fine di riorganizzare, dopo gli anni di crisi della dittatura fascista e della guerra, l’assistenza e la formazione professionale degli affiliati, oltre che il circuito espositivo. Lo statuto, redatto da una commissione formata dallo stesso Asti e dagli artisti Aride Corbellini, Mario Gatti, Vincenzo Pini e Furia Tempini, venne approvato il 2 giugno 1945. Presidente venne eletto l’ingegner Gianbattista Bignetti. Il primo statuto di cui sia stato conservato il testo venne approvato dall’assemblea generale dei soci il 17 luglio 1949.
Nel 1946 il sodalizio assunse il nome di “Associazione artistica bresciana” e nel 1962 quello attuale di “Associazione artisti bresciani”.
La prima esposizione venne organizzata il 14 ottobre 1945 in alcuni ambienti del pianterreno del palazzo Bettoni Cazzago in via Gramsci 17, rimasto sede dell’Aab fino al 1990: parteciparono alla rassegna centoventi artisti bresciani e all’inaugurazione furono presenti il sindaco Guglielmo Ghislandi e il prefetto Pietro Bulloni. Fino al 1950 in occasione delle mostre dei soci e degli allievi vennero assegnati dei premi, perché all’Associazione il Comune e l’Ateneo affidarono il compito di organizzare i concorsi previsti da diversi legati testimentari, fra cui quello Brozzoni.
Fin dall’inizio uno dei momenti qualificanti dell’Associazione fu la scuola d’arte: nello statuto del 1949 essa veniva indicata come compito precipuo del sodalizio. Nella scuola, che è sempre stata ed è tuttora molto apprezzata e frequentata per la sua serietà, hanno insegnato autorevoli rappresentanti dell’arte bresciana e si sono formate diverse generazioni di artisti locali. Il primo direttore e docente fu Emilio Rizzi.
- Tipo Artista: Pittore
Ha esposto per la prima volta alla “Galleria d’arte Piccola Paganora” nel 1974. Lo presentava in catalogo Alberto Morucci, ravvisando nei dipinti esposti il frutto di un animo contemplativo capace di riproporre con “palpitazioni impressionistiche” la natura o intimi angoli del mondo quotidiano.ABBIATICI GUIDO Bagnolo Mella, 14 aprile 1927.
Gineba
Non esito ad ammettere di essere sempre stato profondamente attirato dagli oggetti materiali in maniera addirittura sensuale, insieme al desiderio di afferrare al di là delle apparenze la dimensione di certe forme.
Ho provato perciò ad isolare dal contesto meccanico che ci circonda quegli oggetti che secondo me sono più adatti a rappresentare la mia personale lettura delle cose.
Sono stato sorretto in ciò da un incrollabile fiducia in me stesso.
Così mi sono preoccupato di analizzare crisi e limitazioni di cui si dice oggi l’arte figurativa soffra. Sono convinto è proprio la ricerca operante la condizione per procedere nell’avventura creativa. La ricerca così difficile, così esigente, così braccata dal trascorrere assai rapido delle mutazioni degli oggetti, è a mio parere la condizione che qualifica la condizione artistica.
Mai come oggi le accademie fanno presto ad incrostarsi nelle coscienze pigre e passive
Desenzano, 1 aprile 1953.
L’applicazione costante e appassionata ha fatto superare a Giancarlo Abeni i limiti della preparazione alla pittura derivante dall’essere autodidatta.
Tanto che nelle sue opere, a spatola su tela, v’è chi nel suo esprimersi figurativo modernamente inteso, ha ravvisato il riflesso della sua indole che ha vivo il senso degli effetti plastici e luministici per cui la natura è ravvivata da luci e ombre radenti sui colori vivi graduati da trasparenze e riverberi.
Nascono così quadri di particolare brillantezza in cui la tela dipinta, raschiata dalla spatola, lisciata pone in evidenza le strutture naturalistiche intese con visione personale.
Fin dalla metà degli anni Settanta Giancarlo Abeni ha presenziato a mostre desenzanesi, meritevole di riconoscimenti; a Desenzano ha pure proposto una sua rassegna personale, per poi estendere le partecipazioni a manifestazioni prodotte in località lontane, da Milano a Bologna, Verona, Padova, Mantova, Genova, oltre che a Brescia.
Dai molteplici interessi: ecologia, fotografia (svolta come professionista anche fuori d’Italia) pittura, in quest’ultimo campo ha sempre operato per intimo diletto; nelle tele, dalla eco impressionista, affrontando però i temi che più da vicino sfiorano l’umanità.
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., “Brescia ‘80”, Brescia, 1-11 maggio 1980. Catalogo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
ABENI STEFANO.Travagliato, 10 luglio 1922
Fin da ragazzo ha sentito la sollecitazione alla dura pietra, affrontata nei momenti liberi, ma solo agli inizi degli anni Settanta appaiono in rassegne artistiche i suoi lavori, a divulgare il frutto di appassionata ricerca. Ed i consensi seguono l'apparire .:.: sue opere in collettive a Milano (1977, 78, 79), a Napoli (1978), ad Azzano Mella (1979). a Roma (1980) e a Brescia (1982, 83), città nella quale ordina anche le personali: alla A.A.B. (1981), alla "Galleria A. Inganni", nel 1983, seguite da quella nella “Galleria Hatria" di Bergamo (1984) il cui catalogo racchiude completo curricum espositivo.
La materia di cui l'Abeni si avvale è il duro sasso. Ciottoli grossi e minuti raccolti sul greto del Mella: su di essi interviene per estrarre quanto il suo spirito di osservazione, la sua sensibilità estetica suggeriscono. Nascono così volti di vecchi, di fanciulli; teste o profili di animali, movenze di nudi femminili, fino ad arcaiche figure egizie, ascetiche "sieste di frati". Immagini emblematiche animate dalla fantasia sollecitata della forma stessa delle pietre nelle quali restano declinazioni figurali dal classico gusto. dalla esotica stilizzazione.
Darfo, 17 gennaio 1875 - 20 marzo 1934.
Figlio di Andrea e Giacomina Minini, la riacquisizione dei meriti di questo artista è avvenuta assai tardi. Note le sue frequentazioni dell’Accademia Carrara e la formazione ricevuta da Cesare Tallone prima, da Ponziano Loverini poi. Se il giudizio del primo maestro che diceva l’Abondio “un genio” faceva presagire un avvenire radioso, ben diversa è stata la realtà.
Fatto ritorno nel 1906 al luogo natio, all’attività pittorica ha coniugato quella musicale, sorretto da apprezzabile voce tenorile che lo portò ad essere cantore del Teatro alla Scala di Milano. Le due espressioni gli hanno dato una certa notorietà fra i conterranei, dei quali ha eseguito numerosi ritratti (circa 180 e da quelle figure è possibile individuare il suo percorso creativo nel quale, accanto a significativi esiti, si pongono opere di maniera, imposte sia dal gusto della committenza, sia dalle difficoltà contingenti che lo hanno poi indotto a trarre conforto in qualche bicchiere di troppo.
Anche il male che lo ha portato a morte precoce ha contribuito non poco ad allontanarlo dai pennelli e dalle tele, relegandolo in un lungo periodo di dimenticanza.
Per i dipinti maggiormente significativi sono da considerare il giovanile “Romano al pozzo” risalente al 1899, il ritratto di Maddalena Figaroli Alberzoni dalla evidente vivezza espressiva e cromatica, del 1917-18, che sembra esaurire la produzione degli anni più fecondi ai quali pare appartenere anche il volto di Caterina Colombo dalla cadenza liberty. Numerosi pure i ritratti virili ben rappresentati dai lineamenti di don Domenico Tarsia (1904), Martino Filippi (1906), Pietro Cenini e Battista Pendoli (1907), ai quali s’accosta il singolare busto di Francesco Abondio, forse nonno dell’artista.
Nei pochi paesaggi noti sono individuabili echi dell’ultimo Ottocento percepiti con freschezza di visione.
Merito di Margherita Biondi aver tratto Giovanni Abondio dalla profonda ombra in cui era relegato, dedicandogli appassionata ricerca propiziatrice della prima mostra postuma ordinata in Darfo nel 1996.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
M. BIONDI (a cura di), “Giovanni Abondio”, Darfo 1993. (Con bibliografia).
AA. VV., “Giovanni Abondio. Vita e arte di un pittore senza volto”, Catalogo della prima mostra antologica, Darfo, 11 febbraio - 3 marzo 1996.
Brescia, 1912 - 10 gennaio 1989.
Musicista noto e apprezzato, ha iniziato a dipingere nel 1944-1945, esprimendosi quasi esclusivamente con la tecnica dell’acquarello. Del 1965 la prima mostra personale alla “Galleria A.P.I.” di Brescia; successivamente presente al Concorso nazionale dell’Acquarello di Firenze (1966), a Napoli, Boario Terme e ancora Firenze (1967), al Concorso nazionale d’arte sacra di Brindisi e a Torre Annunziata (1968). Nello stesso anno partecipa al Premio G. Segantini ad Arco. In città espone ancora nel 1969, nella ormai scomparsa “Galleria d’arte Cavalletto”. In catalogo, il maestro Piero Manenti dei motivi acquarellati coglieva il solo colore, sospeso tra sogno e realtà.
BIBLIOGRAFIA R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
BIBLIOGRAFIA
B. ZAMBONI, “Memorie intorno alle fabbriche più insigni di Brescia”, 1778.
E. NICOLI CRISTIANI, “Vita e opere di L. Gambara”, 1807.
P. BROGNOLI, “Guida di Brescia”, 1826.
S. FENAROLI, “Dizionario degli artisti bresciani”, 1887.
G. PANAZZA, “L’arte medioevale nel territorio bresciano”, 1942.
“Storia di Brescia”, Vol. I, 1964.
“Enciclopedia bresciana”, Ed. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.