Verolanuova, 17 agosto 1945.
Autodidatta, è presente sul palcoscenico delle manifestazioni artistiche dal 1962, quando ha esor-dito in una rassegna collettiva lumezzanese.
In breve tempo la sua presenza a mostre si è infittita ed estesa a Bologna, dove suoi lavori hanno figurato nella raccolta “Strenna di Natale” dal 1975 al 1976. Lo stesso anno è il Concorso nazionale di Pordenone a selezionarlo, compensandolo con il secondo premio. Ulteriori premi e riconoscimenti si aggiudica a Forlì (1977 e 78), ancora Bologna e Fiume Veneto (1977), Brescia (Premio Moretto) e Viadana (1978); ancora al bresciano “Premio Bonomelli” negli anni 1978 e 1979. Seguono le pre-senze a Guastalla e Mantova (1979) e al laziale “Premio Cimino” (1982)…
Una sola mostra personale ha allestito Pasquale Ferrari, presso la bresciana Galleria “La Loggetta”, nel 1972, mentre da oltre vent’anni ha prescelto San Gemini di Terni per le ricorrenti proposte della sua produzione, già rappresentata in collezioni private italiane, nei Musei di Grado e Pezzega ai confini con l’Ungheria.
Pittura informale quella di Pasquale Ferrari, condotta nell’ambito del Cubismo Trasparentistico in cui si visualizzano l’evoluzione e la maturazione di un percorso creativo in cui l’autore porta sulla tela non ciò che vede, ma quanto di cui ha sentore.
Sissa (Parma), 1735 - 1785
Con il Molinari e l’Albricci opera nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano; intorno al 1776 con Antonio Grassi realizza chiaro scuri in S. Eufemia. Due anni più tardi opera nella chiesa di S. Giuseppe, de-corando la cappella dedicata a S. Ursicino.
BIBLIOGRAFIA
“Storia di Brescia”, Vol. III.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Rovato, 14 marzo 1888 - Milano, 1958.
Pittore da meglio conoscere; autodidatta ed autore di paesaggi della campagna lombarda, delle nobili architetture e dei sobborghi milanesi.
Professionalmente incisore, dietro consiglio dei pittori Maineri e Castagneto, verso i quarant’anni affrontò il colore, usato poi fino agli ultimi anni di vita.
Nel dicembre del 1942 ha allestito una mostra personale presso la Casa degli artisti di Milano. Fra le sue prime opere a olio dovrebbe essere considerato un piccolo dipinto di privata collezione brescia-na raffigurante Lungo il Naviglio, recante in basso, a sinistra, le iniziali: G.F. e la data: 26.
Il tratto impressionistico coglie un brano di vita popolare del capoluogo lombardo, con un esiguo tratto d’acqua su cui si aprono porte e finestre di vecchie case, ravvivate dalla presenza di varie donne o lavandaie.
BIBLIOGRAFIA
A.M. COMANDUCCI, “Dizionario dei pittori italiani”, III Ed. (1962).
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Pittrice e scultrice, si è diplomata all' Accademia Cignaroli di Verona. Acquarellista, in questa veste si è presentata dapprima in alcune esposizioni romane; soltanto nel 1983, nella "Galleria La Cornice" di Desenzano, ha ordinato la prima sua mostra personale, proponendo anche opere plastiche e rivelandosi figurativa dal tratto mosso e riassuntivo, con accenno espressionistico. Alle composizioni affida sentimenti, attimi di vita intimamente vissuta: riflesso a gentilezza d'animo. Quella pudica sensibilità la rende schiva, tanto che lungamente Margherita Ferrazzi Marzari ha operato appartata: un riserbo che impedisce di dire d'una attività creativa non trascurabile, anche se non appieno conosciuta.
Sue opere pittoriche e plastiche figurano in raccolte private di Roma, Bologna, Brescia, Salò, Stresa e Verona.
Sec. XX.
Le credenziali che può vantare Ferrero Gussago Maria a sostegno della sua operazione artistica so-no inconsuete e notevolissime: da Leonardo Borgese a Piovene, da Marinetti a Fontana, da Farfa a Pennone e, ancora, Dino Bonardi, Nanda Mura, Ghiglione Raimondi, oltre a critici portoghesi e fran-cesi.
Le sue apparizioni in mostre, poi, vanno da quelle nelle Gallerie “Gian Ferrari” (1940) e “Montenapoleone” (1963) alla Biennale di Venezia (1942) alla Quadriennale romana (1943).
A Brescia è presente alla A.A.B. (1963) allorché espone due gruppi di opere: l’uno composto da su-perfici coperte da tre strati di sottilissime reti metalliche sovrapposte, variamente decorate con co-lori, spaghi, grumi di sabbia e altri detriti; l’altro invece dalla tecnica polimaterica usata in modo informale e neo-dadà.
Le sue varie esperienze artistiche sembrano precorrere l’arte tridimensionale e affondano le radici nelle amicizie fiorite durante gli anni Trenta con protagonisti dell’arte nazionale.
Val dire, a tal proposito, sia pure brevemente della sua azione animatrice del cenacolo sorto in riva al mare di Savona: appassionata di pittura e sposa ad un colonnello, con il marito si era stabilita a pochi chilometri da Albissola, in una antica e singolare dimora. Il pittore Farfa le propose di desti-nare alcuni locali di quella villa a esposizione. La proposta piacque anche a Prampolini, futurista, e al poeta Pennone. Ad essi, altri si associarono. Nacque così un sodalizio dove entrarono anche Tul-lio d’Albissola, lo scultore Antonio Siri, il pittore Rodocanachi e il famoso Lucio Fontana. Fra questi artisti, Maria Ferrero Gussago si fece apprezzare non soltanto per l’ospitalità offerta, ma anche per le doti creative, pur al confronto dei suoi ospiti ben noti per l’audacia espressiva.
Tutto si concluse nel 1960 circa, con la scomparsa del marito; la vedova tornò alla terra natia e si stabilì a Cellatica, riprendendo con rinnovato ardore la pittura, coi noti risultati.
BIBLIOGRAFIA
V. CATALANI, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 16 - 28 novembre 1963.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 26 novembre 1963.
JO COLLARCHO, Galleria d’arte, “Biesse”, a. III, n. 31, novembre 1963.
“Corriere della Valle”, a. II, novembre 1966. La pittrice Ferrero Gussago è precorritrice dell’arte tridimensionale.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVIII.
Figlio dello scultore Giorgio e suo collaboratore nei lavori per la cattedrale di Cremona, è originario della Val d'Intelvi. Più che per il valore artistico, qui lo si ricorda per alcune opere perdute o ancora esistenti in Brescia e in vicine frazioni. Opere attestanti una certa maniera derivata da Antonio Callegari.
Sue erano le scomparse statue in palazzo A vogadro (ora Bettoni Cazzago di via Moretta); restano invece quelle sopra il cornicione della Biblioteca Queriniana e l'Angelo in facciata della chiesa del Buon Pastore in via dei Musei; una Madonna in legno, Battesimo di Gesù, Risurrezione, Sante e Santi agli altari degli Evangelisti, i Dottori della chiesa occidentale nei pennacchi della cupola e nel presbiterio eseguì nel 1755 per la parrocchiale di Folzano; l'Assunta per la chiesa di Botticino sera per lungo tempo ritenuta opera di Antonio Callegari. (v.)
A Folzano resta anche l'unico complesso decorativo che dice di Antonio Ferretti anche stuccatore figurista (1755).
Montichiari, 21 settembre 1941.
Scultore, oltre che pittore, la sua produzione artistica è frutto di intensa applicazione autonoma, da autodidatta, che però lo ha portato a perseguire una personale poetica orientata alla massima li-bertà espressiva. Per far ciò si avvale di materiali i più diversi animandoli mediante l’applicazione di colori ad olio oppure acrilici su tela, ove convergono esiti concettuali coniugati a temi tradizionali: paesaggio, figura, natura morta, scaturenti da concezione sfiorante forme prossime all’informale.
L’arte di Ferretti, sia plastica, sia pittorica, offre pertanto all’autore l’opportunità di rappresentare in modo chiaro e vibrante la più intima pulsione e le emozioni vissute dall’animo umano.
L’impegno lavorativo ha condizionato palesemente la frequenza di Ferretti a mostre collettive, pro-dotte per lo più in Montichiari o nel circondario. Così è pure per le poche rassegne personali.
Reggio Emilia, 26 marzo 1836 - Brescia, 4 gennaio 1893.
Già era compiuta questa parte del “Dizionario” quando s’è potuto consultare il quarto volume della “Enciclopedia bresciana”, di A. Fappani, dalla quale si rileva il nominativo di Prospero Ferretti, pro-fessore di disegno a Brescia nel 1887 ed autore d’un quadro custodito dalla nostra “Galleria d’arte moderna”.
Per ulteriori notizie biografiche si rinvia alla su citata “Enciclopedia”.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
- Nome d'arte: Tuffero
Loreo (Rovigo), 1931.
Giunto nella nostra provincia nel 1960, Tullio Ferro già vantava nutrito curriculum artistico, anno-verante mostra personale a Bologna (1957) e collettive in note località: Rovigo, Castelfranco Ve-neto, Monaco di Baviera nonché favorevoli note di critici quali Mario Lepore, Mario Portalupi, Dino Villani.
Nel 1966, Bino Rebellato formulava auspicio per quella che ritengo sia la prima mostra personale a Brescia, presso la “Galleria Cavalletto”, alla quale altre seguirono, soprattutto negli anni 1972, 1973 e 1974: dopo di che l’attività pubblica di Tullio Ferro sembra attenuarsi. Non per l’operare nello studio desenzanese, nel quale oltre che il pittore si esprime il poeta e il collaboratore a periodici e quotidiani bresciani.
Evidentemente, tutta la sua opera creativa risente della terra natale e rivive i drammi del suoi con-terranei: ne sorte una rappresentazione espressionista, specie nelle figure, il cui tono intenso del colori accentua la drammaticità dei volti emergenti da ombre notturne e che sembrano percossi da improvvise lamine di luce.
Nel paesaggi si nota la tendenza a rompere le forme, quasi che la scomposizione gli consenta di maggiormente dare significato alla evocazione.
Il silenzio avvolgente l’attività espositiva di Tullio Ferro nel mondo gardesano e bresciano non equi-vale a suo abbandono della pittura, ma piuttosto rivela il suo interesse per sedi espositive d’oltre confine, manifestamente fonte di rinnovate soddisfazioni delle quali però non giunge notizia fra noi.
BIBLIOGRAFIA
B. REBELLATO, “Galleria Cavalletto”, Brescia, 8 - 21 gennaio 1966.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 16 gennaio 1966.
G.V. S. Pancrazio, “Giornale di Brescia”, 12 maggio 1966.
“Galleria d’arte Cavalletto”, Brescia, 28 aprile 1967.
G. V., A Peschiera, “Giornale di Brescia”, 18 settembre 1969.
“Galleria La Cornice”, Desenzano, 5 - 17 febbraio 1972, (25 disegni).
M. GRILLANDI, “Galleria La cornice”, Desenzano, 18 - 30 novembre 1972. (Con testi da D. Valeri e V. Lilli).
M. DE PALMAS, “Galleria La Cornice”, Desenzano, 28 ottobre - 10 novembre 1974.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 23 gennaio 1948.
Ancor giovane, ha partecipato a premi e collettive provinciali.
In occasione di una mostra allestita dalla Galleria Labus, L. Spiazzi così ha definito la sua pittura: Luciano Festa, bresciano, sembra inteso a costruzioni in cui convivono ambiguamente passato e presente. La tecnologia si fa geroglifico egiziano e questi ingranaggio di derivazione meccanica. La metamorfosi è tuttavia in agguato verso la barbarie o in avanti fino al dominio della tecnica su tutti i mali?
La giovanile presenza in mostre lasciava presagire che altre ne seguissero, invece Luciano Festa non ha più partecipato a manifestazioni artistiche, pur continuando l’attività creativa. Ed anche la sua produzione si è indirizzata verso la grafica illustrante in particolare aspetti della città, tradotti a volte in fogli a stampa.
BIBLIOGRAFIA
A. MAZZA, “Galleria Labus”, Brescia, 10 - 23 dicembre 1977, (Per collettiva).
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 17 dicembre 1977.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.