Dizionario dei Pittori Bresciani
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FIAMMINGHINI

v. Della Rovere Giovanni Mauro e Giovanni Battista.

FIESSI ANGELO

Castenedolo, 15 maggio 1891 - Brescia, 16 settembre 1977

Notissimo e apprezzato come figura d’artista della scapigliatura d’inizio di secolo, Fiessi è vissuto d’arte e per l’arte. Uomo integro, coerente, disinteressato.
La sua vasta produzione, sia pure di discontinuo livello, è disseminata in tantissime abitazioni bre-sciane e della provincia.
Nonostante l’affermazione, ha proseguito umilmente il cammino intrapreso senza lasciarsi tentare da lusinghe, professando la pittura con esemplare nobiltà di intenti Fin da quando, giovanissimo, lasciato il paese natio si mise a fare il “piccolo” all’affreschista Chimeri (v) e, frequentando la Scuola Moretto, avvicinò Arturo Castelli, che l’ebbe caro.
Fiessi ha potuto arricchire e ampliare la propria visione seguendo, anche in epoca posteriore, nella piena maturità, insigni artisti quali Semeghini, De Grada, Arata conosciuti sulle sponde iseane; così Arturo Tosi, conosciuto a Montisola negli anni Quaranta.
Se la ricusazione dei benefici offertigli dalla vincita del Legato Brozzoni, ottenuta a soli diciotto anni, significò la protesta sua nei confronti degli studi accademici, altri episodi stanno a testimoniare la sua onestà, anche nella valutazione del proprio operare: come quella volta che accusò un mercante di vendere a prezzi troppo alti certi suoi dipinti.
Le sue apparizioni in pubblico iniziano ad infittirsi al compiersi della prima guerra mondiale: sono alla società dell’Arte in famiglia, nelle sindacali provinciali e interregionali, a Milano, Firenze, Cre-mona.
Numerose volte invitato a notevoli manifestazioni artistiche, ha suscitato l’interesse di noti scrittori d’arte ricordati nella nota documentaria.
Autore di pochi ritratti o figure, dal classico impianto, soavità di ispirazione, sciolti nella pennellata e pur rattesi nella emozione, Fiessi è stato soprattutto paesaggista: per sfiorare il piccolo mondo fis-sato nelle opere più note con fulvi toni e terre a ripetere il colore acceso di rive iseane nel primo mattino silente, allorquando l’acqua immota riflette orizzonti sfumati e il declinare effuso dei colori: ramato specchio ove i lenti remi mossi da pescatore d’una scura barca paiono rievocare dantesche ali in volo. O grigi argentei, sommessi verdi di ore limpide e sommesse dei Ronchi, di vicine Valli, o angoli d’una Brescia popolare e antica.
Vissuto solo, negli ultimi decenni di vita lo si ricorda in studi situati alle pendici del Castello, tante volte ritratto, da dove scendeva per acquistare il poco che gli bastava a vivere o il necessario per dipingere o, ancora, per incontrarsi con vecchi amici. Mutti soprattutti, che gli è stato vicino nel lungo cammino estremamente chiaro, percorso spesso in solitudine, ma in serenità; mai turbato da ambizioni che non fossero quelle di servire una vocazione sentita come privilegio da non mercan-teggiare, tanto meno tradire.
Dopo la scomparsa dell’artista non è venuto meno l’interesse per la sua produzione pittorica: galle-rie cittadine e provinciali come La Cornice di Desenzano e l’Associazione Polimilia di Bovezzo in par-ticolare, alimentano una proposta in grado di appagare le richieste formulate ancor oggi.
Si deve giungere al 1991, anno in cui la Galleria Schreiber ha ordinato la prima mostra antologica annoverante oltre venti tele dedicate prevalentemente al paesaggio, quello iseano in particolare, tanto caro al pittore.
Il saggio critico di Mauro Corradini posto in apertura del catalogo edito per l’occasione rileva nell’arte di Fiessi, nei suoi paesaggi, frammenti colti nell’impercettibile modificarsi dei tempi spesso fissati in stagioni successive, con una variazione che appare come un ritorno ai luoghi amati, una sorta di pellegrinaggio laico alle radici della pittura. Completano la documentazione la nota biografi-ca e la bibliografia redatte da Riccardo Lonati.
Ulteriore significativo omaggio è rappresentato dalla mostra voluta dalla località natia di Fiessi nel 1997-1998 e coniugante i dipinti presenti nelle collezioni del Comune di Castenedolo. Puntuale la presentazione dettata da Giannetto Valzelli confermante l’immutato affetto dei bresciano per uno degli emergenti cantori dei laghi e dei colli della nostra provincia.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: M. CORRADINI, R. LONATI, “Angelo Fiessi”, Brescia, Galleria Schreiber, 23 marzo - 9 giugno 1991.
Si veda inoltre: G. PANAZZA (a cura di), “Giulio Cantoni”, Verolanuova, Palazzo civico, primavera 1991.
G. VALZELLI, Elegia e idillio negli occhi di Fiessi, “STILE” n. 3, aprile-maggio 1996.
G. VALZELLI (a cura di), “L’anima del paesaggio: chiesa dei Disciplini, Castenedolo, Angelo Fiessi nelle collezioni di Castenedolo”, dicembre 1997 - gennaio 1998.
R. LONATI, “Omaggio alla pittura bresciana”, Desenzano, Galleria La Cornice, 11 dicembre 1999 - 27 gennaio 2000. (Con breve cenno biografico).
F. FRASSINE, Angelo Fiessi, “STILE Arte” n. 90, luglio 2005.
G. ORLANDI, Fiessi restaurato, “STILE Arte” n. 90, luglio 2005.
 

FILETTO MARIA GRAZIA

Brescia, 18 aprile 1935

Ha frequentato i corsi di xilografia presso la scuola di Urbino, della scuola internazionale di grafica di Venezia e di incisione della Associazione artistica bresciana.
Componente del gruppo artistico Moretto, da pochi anni ha intrapreso la partecipazione a mostre collettive, palesando padronanza della tecnica e impegno espressivo. Se a volte i motivi raffigurati si fanno apprezzare per la composta teoria cromatica, altri ancora, dall’evidente segno grafico, evi-denziano il desiderio di trasportare sulla superficie incisa stati d’animo racchiusi in un viso, in un profilo, in una positura di figure femminili campeggianti nella luce della composizione.
La pubblicazione del “Dizionario dei pittori bresciani”, nel 1980, coincise con l’emergere in tutta evi-denza dell’attività creativa di Maria Grazia Filetto, le stampe della quale si sono diffuse in occasione di mostre di gruppo locali, ma anche nazionali e internazionali, a Lione, Mulhouse, Saragozza, New York, e tramite rassegne personali a Bilbao, Saragozza… un intenso percorso espositivo già deli-neato dallo scrivente.
Il rapporto vissuto con Venezia riverbera pure l’attività della Bottega della Stampa fondata dall’artista e con i più significativi calcografi locali accogliente artefici affermati di varie regioni, fa-vorendo altresì la conoscenza di edizioni artistiche antiche e moderne assai rare.
Esperienza, quella vissuta qual gallerista tra gli anni Ottanta e Novanta, che ha sicuramente giovato a Maria Grazia Filetto e proiettata anche nella sua produzione calcografica, impreziosita da processi tecnici raffinati e da significanti contenuti.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: R. LONATI, “Dizionario degli incisori bresciani”, Brescia, 1994.
Si veda inoltre: P. BELLINI, AA. VV., “Repertorio degli incisori italiani nel Gabinetto delle Stampe antiche e moderne del Comune di Bagnacavallo”, 1997 e successive edizioni.
 

FILIBERTI ANTONIO

Secolo XVIII.
Stefano Fenaroli, nel "Dizionario degli artisti bresciani", facendo riferimento allo Zani, lo definisce plasticista e fonditore in bronzo e lo fa operoso in Brescia e a Bergamo sul fare del Settecento.
Con Domenico (v.) ha lavorato nella cattedrale di Bergamo alla grande arca in bronzo dorato che racchiude i resti mortali dei SS. Fermo, Rustico e Procolo: opera modellata da Antonio Callegari e "fusa dal bresciano" Domenico Filiberti.

FILIBERTI DOMENICO

Secolo XVIII.
Stefano Fenaroli, nel "Dizionario degli artisti bresciani", facendo riferimento allo Zani, lo definisce plasticista e fonditore in bronzo e lo fa operoso in Brescia e Bergamo sul fare del Settecento.
Ha lavorato nella cattedrale di Bergamo alla grande arca che racchiude i resti mortali  dei SS. Fermo, Rustico e Procolo: opera modellata da Antonio Callegari e "fusa dal bresciano" Domenico Filiberti.

FILIBERTI GIUSEPPE

Secolo XVIII.
Anche Gio. Giuseppe.
Fonditore e argentiere più che scultore, operò prevalentemente nella seconda metà del Settecento.
Perduto il tabernacolo realizzato intorno al 1747 per la chiesa dei padri Filippini di Brescia.
Ricordato dallo Zani e dal Fenaroli, il suo nome resta legato a quello di G. B. Carboni (v.) per la collaborazione data nel realizzare il bronzeo cancello all'altare della Scuola di S. Rocco a Venezia.
Tuttavia i suoi meriti indiscussi sono riconoscibili in altre opere quali il medaglione del paliotto dell'altar maggiore della parrocchiale di Sale Marasino, originariamente nella demolita chiesa di S. Domenico in città; le lampade di Piedalunga (BG); l'argentea cornice dell'altare della Madonna a Gardone Riviera (anche se da alcuni studiosi detta di scuola); i candelabri di Salò (1775); i busti a grandezza naturale dei 55. Pietro, Paolo, Giovanni e Giacomo nella parrocchiale di Trescore Balneario; oggetti decorativi vari in bronzo per l'altare dell'Angelo custode che era nella chiesa degli Angeli e poi tradotto in Duomo nuovo. Ancora su disegno di G. B. Carboni, nel 1762 realizza i busti per la bresciana chiesa di S. Lorenzo.
Se apprezzabile è l'ornato elegante delle composizioni, soprattutto nelle figure sipuò intendere la qualità plastica del Filiberti capace di "modellato sicuro e forte" ;
la "Storia di Brescia" gli attribuisce anche i lavori nella cattedrale di Bergamo che il Fenaroli dice invece realizzati da Domenico Filiberti (v.).

FILIPPI JACOPO

.v. Jacopo Filippo da Brescia.

FILIPPINI ENZO

Brescia, 26 gennaio 1924 - 23 dicembre 2001.

Appartenente a famiglia di appassionati d’arte o d’artisti (il nonno tenne cattedra di pittura, il padre fu musicista), Enzo Filippini precocemente manifesta attitudine al disegno, tanto che in concorso scolastico, nelle medie, riceve menzione.

Diplomato ragioniere, persegue la pittura come autodidatta, silenziosamente; e solo sul fare degli anni Settanta intraprende la partecipazione a mostre collettive.

Nel 1972 s’afferma in concorso ENAL; partecipa quindi, riscuotendo premi e segnalazioni a vari concorsi in: Roma (1974, 5, 6, 7, 8,); Mantova (1977) e, inoltre, a Milano, Reggio, Rimini, Ferrara, Salsomaggiore, Firenze, ecc. e fuori d’Italia.

Esordisce in personale, alla A.A.B., nel 1972, dando avvio a nutrita serie di presenze singole in Gallerie di Londra, Brescia, Lignano Riviera, Milano, Torino, Gorizia, Cortina d’Ampezzo, Rovereto, New York, Treviso, Biella, Bergamo, ecc. Un suo ritratto di Papa Giovanni XXIII è presso la Pinacoteca Giovannea di Baccanello, a Calusco d’Adda presso Bergamo.

Suo è l’”emblema” o l’arma della Pattuglia acrobatica tricolore.

Disegnatore preciso, nel dipinti offre molteplici frutti di una accesa fantasia, riflettenti a volte la realtà, a volte l’astrazione ed è facile riandare con la memoria ad opere di Utrillo e Mirò, sfiorando maestri d’oltre Alpe, non escluso Rouault.

Molteplici pertanto anche i motivi ispiratori: sognati paesi dagli emergenti e affusolati campanili, nudi di donna, un raccolto angolo di lago, scarpe e racchette da tennis…

La materia pittorica si fa preziosa, gli accostamenti d’un ritmo acceso, scandito e pur armonioso.

Ed anche il supporto al colore è variamente scelto: dalla tela alla carta, alla stagnola, nella ricerca anche di vari risultati formali.

Ed è forse questa esigenza che induce Filippini a produrre opere in cui la lastra policroma lascia sulla carta argentata “incisioni” o prodotti calcografici di estrema levità e armonia cromatica, tanto da apparire lastre originali, anziché frutto del torchio.

Ad un anno dalla sua scomparsa, nel marzo-aprile 2002, Città Antiquaria lo ha ricordato con una vasta rassegna confermante la poliedricità della sua produzione e testimoniante la tensione lirica e insieme l’umanità grande.

Rilevante il ruolo affidato da Filippini ai suoi lavori, elevato a icona di un mondo fatto d’amore per la natura e per l’esercizio sportivo (suo prediletto il tennis, ma anche il calcio al quale ha dedicato uno dei suoi esiti più noti in occasione dei Mondiali del 1982).

Evocazioni di una proiezione onirica in cui alla resa naturalistica dei paesaggi, delle figure e degli animali si coniugano visioni sfioranti la informalità


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BIBLIOGRAFIA

“Giornale di Brescia”, s.d. (ottobre 1972), Conclusa con successo la mostra Arte nel tempo libero.

“L’Ora serena”, 10 ottobre 1972, I primi classificati (alla XV Ed. Enal).

“Brescia arte”, n. 5, ottobre 1972, E. Filippini.

F. GARIONI - D. BOLOGNA, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 28 ottobre - 9 novembre 1972.

R. VERGANI, “Cremona proposte”, Cremona, 1 novembre 1973.

“Art Gallery”, Londra, 1 - 31 dicembre 1973.

M. SCALVINELLI, “Galleria Bistro”, Brescia, 26 gennaio - 8 febbraio 1974.

R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.

D. VILLANI, F. Filippini, “Le Arti”, n. 7, 8, 9, luglio-settembre 1974, p. 278.

“Messaggero Veneto”, 15 gennaio 1975, S. Vito al Tagliamento, Galleria Griglia d’oro.

“Circolo artistico Cortina d’Ampezzo”, Cortina, 8 - 20 febbraio 1975.

“Galleria Terme”, Lignano R. 15 - 30 agosto 1975.

“Galleria Levi”, Milano, 15 - 25 gennaio 1976.

“Annuario Arte - base”, n. 1, Torino, 1976.

“Galleria S. Michele”, Brescia, novembre 1977.

“L’Arte italiana del XX secolo”, Ed. Due Torri, Bologna, 1977.

“Galleria La Bottega”, Gorizia, 15-30 gennaio 1978. (Cfr.) “Il Gazzettino” periodo mostra.

“Prince George Gallery”, New York, 20 - 30 aprile 1978.

“Galleria Lo Scrigno”, Treviso, 10 - 25 novembre 1979.

“Galleria Luppi”, Biella, 12 - 25 maggio 1980.

M. MAZZOLENI CONTINI, Arte, Foglio non identif., Biella, 22 maggio 1980.

L. LAZZARI, E. Filippini al Capricorno, “L’Eco di Bergamo”, s.d., (1980).

R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.

“STILE Arte” n. 56, maggio 2002, Enzo Filippini, i racconti del colore.

Galleria A. Manzoni Boario Terme  giugno dicembre 2011 opere esposte in permanenza  

FILIPPINI CLAUDIO

Castenedolo, 27 novembre 1953.

Fin dalla giovane età si è cimentato con l’attività creativa attratto dalle “atmosfere particolari” del piccolo mondo locale, ritratto posando il cavalletto nel cuore dei luoghi che lo ispiravano. Ha frequentato poi la Scuola dell’Associazione Artisti Bresciani, affrontando nel 1976 il pubblico con una mostra personale ordinata presso la ormai scomparsa da tempo Galleria “Angelo Inganni” affacciata su corso Zanardelli.

È seguita una nutrita serie di partecipazioni a mostre collettive e personali che hanno proposto suoi dipinti in località provinciali e regionali. Fra le prime rassegne si trascelgono quelle del “Premio A. Bezzi” (1977), di Calvisano (1979), Boniprati, Iseo, Milano (1984), Rezzato (1987), Brescia ancora (2001, 02, 05), prescelto per partecipare alla antologia “Ricognizione” indetta dall’AAB, Montichiari (2001, 02, 05), Forte dei Marmi (2003), San Pellegrino Terme, Sondrio, Breno (2004, 05), Forlì, Rezzato, Viterbo (2003), Sarezzo, Salsomaggiore, Reggio Emilia (2005).

Ricorrenti pure le mostre personali prodotte nella già citata Galleria “Angelo Inganni” (1978), nella Galleria “La Pallata” (1980, 81), nella Piccola galleria UCAI (1986, 88, 2003), quindi a Manerba (2004, 05), Collebeato e Vallio Terme (2005).

A questo nutrito percorso espositivo hanno corrisposto vari premi e riconoscimenti, i più ambiti dei quali sono l’iscrizione all’Albo dei pittori di Roma e l’elezione a socio d’onore dell’Accademia del Fiorino di Prato.

Allontanatosi da tempo dalle suggestioni del paesaggio rurale con gli impulsi sentimentali derivanti dal contatto con la natura vissuta in gioventù, Filippini si è inoltrato nell’ambiente urbano, ricreato con una “stesura lenticolare”, il colore fatto poggiare su una base fortemente contrassegnata dalle linee di un disegno sovrano che non si estingue con anomalie luminose e che rifiuta la suggestione momentanea. Ecco allora il freddo lucore di ferrigne rotaie proiettate al lontano desolato complesso edificato, sovrastato da greve cielo; ecco il silenzio immoto di una pensilina ferroviaria o l’anonimo atrio d’ingresso d’una stazione con le rade figure volte all’inquieto, incerto futuro. A breve tratto di periferia, traversato da un sovrappasso, incuneato fra le superstiti chiome di alberature sofferenti, si alterna quella arida, percorsa da veicoli fra ineleganti edifici prodotti da un progresso opinabile… Una realtà che Filippini testimonia con una pittura estremamente dettagliata, contrassegnata da un puntiglioso equilibrio formale e lacerazioni visive provocate dalla civiltà industriale: aspetti tutti esplorati sfiorando il realismo esistenziale e non solo.

 

BIBLIOGRAFIA

M.B.C., Claudio Filippini e la frontiera del paesaggio, “STILE Arte” n. 72, ottobre 2003.

M.B.C., Claudio Filippini, vedute con aura metafisica, “STILE Arte” n. 82, giugno 2005.

 

FILIPPINI FELICE ANTONIO

Gavardo, 28 dicembre 1909 - 26 aprile 1945.

Solo recentemente è stato riproposto al pubblico questo pittore valente quanto sfortunato, morto giovanissimo ma giunto a livelli artistici di primo piano.

Nativo di Gavardo, diplomato a Brera nel 1936 sotto la guida di Aldo Carpi che lo ritenne “il migliore fra gli allievi”, ha viaggiato a lungo l’Europa fra il 1936 e il 1938, prima di essere nominato assistente nell’Accademia milanese dov’era stato discepolo. Pochi anni di tranquillità; nel 1942, sia pure per breve periodo, è chiamato alle armi. Il rientro a casa, il matrimonio possono essere motivi di serenità, pur nel clima tragico del conflitto, e il male inesorabile che lo stronca.

Pur nella esiguità del tempo concessogli, F.A. Filippini ebbe modo di farsi apprezzare, sia pure da una cerchia ristretta, dagli appassionati d’arte tanto che la “Galleria del Milione” di Milano lo aveva legato a sé e più volte ospitato in mostre.

Gavardo, per ricordare il proprio degno figlio, gli ha dedicato succinta mostra nel 1951, devono tuttavia trascorrere decenni, fino al 1978, perché sia riunito un congruo numero di suoi dipinti, illustrati da adeguata pubblicazione che ne sparga la conoscenza.

La “Galleria Bistro”, in Brescia, espone infatti due gruppi di opere, degli anni Trenta e i più vicini alla morte del pittore; sufficienti tuttavia a evidenziare i sostanziali valori. Opere ove si “mescolano venature diverse, da Morandi a Marussig, a Tomea in particolare, a Carrà, a Tosi e dietro di loro si profila l’ombra dei maggiori francesi.

Ciò nulla toglie alla personalità del nostro, perché tutto viene riassorbito in un peculiare accento, riassuntivo delle migliori qualità del Novecento italiano, quello anti accademico e aperto alle esperienze europee”.

Filippini, nelle sue tele, ha affrontato con uguali esiti sia la natura morta che la figura e il paesaggio resi con plastica evidenza colore aristocratico, risultato di una civiltà non solo sua ma derivato dagli altri: Francesi, ad esempio, Matisse, “ma tali sentimenti li superò tutti”, com’ebbe ad affermare il suo maestro Aldo Carpi.

 

BIBLIOGRAFIA

“F.A. Filippini”, Ed. “Galleria Bistro”, Brescia, gennaio 1978. Con testo critico di L. Spiazzi.

L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 28 gennaio 1978.

E. C. S.(alvi), La scoperta di un pittore Bresciano degli anni Trenta “Giornale di Brescia”, 2 febbraio 1978.

R. LONATI, “Mezzo secolo di testimonianze sulla pittura bresciana del Novecento, 1920 1970”, Tip. S. Eustacchio, Brescia, 1979.

R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.

  1. FILIPPINI FRANCESCO
  2. FILIPPINI GERMANO
  3. FILIPPINI GIACINTO
  4. FILIPPINI GIACOMO

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