Valsaviore 1931 - Edolo 1982.
La mostra retrospettiva dedicata da Edolo a Bruno Casalini nell’agosto-settembre 2005 ha fatto conoscere un singolare artista che per vari decenni ha operato appartato e silenzioso.
Formatosi frequentando Venezia, città prediletta, fin dal 1956 ha presenziato a mostre collettive ordinate in prestigiose gallerie di Venezia, Albissola, Biella, Cagliari, Padova, Torino, Stoccolma, Cannes, Genova, Lecce, mentre per le rassegne personali ha scelto Venezia (Galleria Bevilacqua La Masa, 1961, 62), Genova (1962, 64), Bergamo e Sondrio (1965), Como, Padova, ancora Venezia (1966), Venezia e Trento (1969), Ravenna (1970), Parma (1971), Ravenna (1972), Treviso, Venezia, Caravaggio (1973), Venezia, alfine, negli anni 1975 - 77.
Smesso l’insegnamento, negli anni Settanta si è ritirato a Edolo dedicandosi interamente all’attività pittorica, ignorando di proposito le sollecitazioni provenienti dalle avanguardie. Inoltre ha disertato ogni manifestazione artistica.
Bene ha osservato Franco Fonatti nella prefazione al catalogo, che “il linguaggio tecnico scelto da Casalini è quello del realismo della realtà introspettiva, di analisi insistente del particolare. E’ trasformazione, affiorano immagini iconiche e simboliche che poi si fissano nella memoria per risalire cariche di forma emotiva come emblemi di memoria collettiva”.
Un esprimersi oscillante tra realtà e stupore che, dal realismo minuto in indagine delle passioni e dell’inconscio, perviene allo spiritualismo simbolista, fino al surrealismo.
Ma Bruno Casalini ha dato impronta personale alle proprie esperienze, nelle composizioni dando vita a proiezione dell’inconscio con linguaggio inconfondibile.
La componente metafisica di oscura e fredda colorazione, la linearità compositiva di certi dipinti sono riferite al gioco dell’apparire e della realtà esaltato dalla oggettiva ossessività.
Con la mostra edolese Brescia si è alfine riappropriata di un pittore che non potrà essere ignorato dalla storia artistica locale.
BIBLIOGRAFIA
F. FONATI, “Bruno Casalini, Retrospettiva”, Edolo Sala mostre, 13 agosto - 18 settembre 2005.
F. LORENZI, Edolo rende omaggio a Bruno Casalini il “suo” surrealista venuto dalla laguna, “Giornale di Brescia”, 13 agosto 2005.
R. LONATI, Mostra omaggio a Bruno Casalini, “La Voce del popolo”, 9 settembre 2005.
Breno, 31 marzo 1963.
Geometra libero professionista, Gianfranco Casalini ha manifestato attitudine al disegno fin dalla prima giovinezza.
Dal 1985 ha frequentato i corsi serali che si svolgevano a Breno, località dove si è adoperato per dare vita al Gruppo Amici dell’Arte. Determinante per la sua formazione artistica è stato l’incontro col noto pittore Emilio Del Prato al quale attribuisce il merito di avergli offerto l’opportunità di espri-mersi artisticamente.
Pur affermando di sentirsi un dilettante, Gianfranco Casalini si è impossessato delle tecniche della pittura a olio, con la quale opera preferibilmente, dell’acquarello ed anche della ceramica.
Paesaggio, natura morta con fiori sembrano essere i generi prediletti, svolti con sensibilità colorica apprezzabile, che a volte sfiora lo sfumato, senza per questo sacrificare la veridicità del soggetto ispiratore: boschi di cromie cangianti dal verde chiaro al cupo, con tocchi di ravvivanti gialli, a ricreare atmosfere assorte. E quando il profilo delle folte vegetazioni concede spazio all’alto orizzonte, la luce che ne proviene inonda ed esalta il prezioso cromatismo.
Né mancano i candidi accordi di algidi brani di monti innevati nei quali il candore avvolge la nudità di intrecci ramati.
Il tratto fatto più mosso, sfrangiato, alfine, ricompone il soffice cromatismo dei fiori raccolti in vasi maiolicati, entro la tenue luce di interni silenti.
Gianfranco Casalini ha partecipato a varie mostre estemporanee ed a collettive di Valle, riscuotendo più volte riconoscimenti. Sue opere sono state presentate pure nella Galleria La Tavolozza di Pisogne gestita da Enrico Betta.
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., “L’Arte lombarda in Valcamonica alle soglie del terzo millennio”, Pisogne, Galleria La Tavolozza, 2000.
Cedegolo, 18 aprile 1942.
Ha insegnato 25 anni nella Scuola Pubblica e da 45 si dedica alla pittura, per una sua intima necessità. Nel suo lungo percorso si può trovare il senso dell’Arte che diventa ispiratrice della vita. Dentro, l’immagine si fa visione, il giardino si popola di angeli. Una sorta di sterminato diario dove i simboli ritornano attraverso gli affetti e la memoria. L’Arte è per Rosalia il solo modo di essere e di conoscere la realtà e la vitalità dell’universo; il solo modo di sfuggire al concetto del nulla che altrimenti la perseguita e l’angoscia. E’ una pittrice in cui idee, modo di vivere e Arte camminano con piena coerenza sulla stessa linea.
Ha frequentato con entusiasmo la Scuola del Maestro Aldo Raimondi.
E’ interprete originale e creativa ed interessa la critica per la distinzione, l’eleganza e la poesia costantemente presenti nelle sue opere. Realizza: ritratti, affreschi, oli, acquerelli, porcellane, acqueforti.
Già alle prime mostre allestite nel 1965, riscuote ampi consensi di pubblico e di critica. Sue opere sono in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero. Bolaffi, Comanducci, Quadrato, Europa Artistica, Italia Artistica, Dizionario Pittori Bresciani, Dizionario Artisti Contemporanei, Dizionario La Donna nell’Arte, Panorama d’Arte, Pungolo Verde. Servizi radio-televisivi. Recensioni di vari critici su quotidiani e riviste italiane e straniere.
Lonato, 1927 - 1987.
Ben poco ci è dato dire della vita e dell’attività di Floriano Casari, la cui innata modestia lo ha fatto operare quasi nascostamente.
Di lui s’è notata la presenza al Premio Brescia, nel 1952, dove figurava con Valtenesi. Una sua personale, dopo anni di silenzio, risale al 1973. I colori “solari” che caratterizzavano le opere allora esposte avevano le “radici di là dall’impressionismo e magari toccano la toscana malizia dei macchiaioli, ma nella maturazione s’imbevono fino alla trasparenza della radiosità che stilla per vena espressionista”. Lo sguardo del pittore sembra prediligere il mondo umile di paese, a volte patetico: nascono così le scene animate del mercatino, le visioni di agresti attività, il Rientro all’ospizio che, pur nella vena bozzettistica, acquista vivezza, senza nulla cedere della trepida adesione ad un dramma umano antico e pur sempre attuale.
La scarsità di notizie su Floriano Casari e la sua pittura lamentata nell’edizione del 1980 del “Dizionario dei pittori bresciani” è stata attenuata dagli articoli, riccamente illustrati, firmati da Giovanna Galli e Giannetto Valzelli per il n. 64 di “STILE Arte” diffuso nel gennaio 2003, a sedici anni dalla scomparsa del pittore. Si apprende così che è stato allievo di Achille Funi a Brera, durante l’appro-fondita preparazione accademica. E che armato di taccuino e matita era solito sostare negli angoli più suggestivi del suo luogo natio tradotti poi nei dipinti riflettenti la predilezione per i Macchiaioli, non senza qualche sentore espressionista.
Un “raccontare” che lo rivela incline a cogliere con l’impasto cromatico e luministico l’intimità di un luogo, di un volto.
BIBLIOGRAFIA
“Premio di pittura Brescia 1952”, Brescia, settembre - ottobre 1952, Catalogo.
G. VALZELLI, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 31 marzo - 13 aprile 1973.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
NOTA:
Un Casari, decoratore, ha operato con Vittorio Trainini nella chiesa di Ponzano (Marone) inaugurata nel 1944 (cfr.) “Chiese costruite negli anni 1934 - 1961”, Tip. S. Eustacchio, Brescia, 1961, p. 21.
Brescia, 9 febbraio 1906 - Montisola, 8 luglio 1983.
Nato da umile famiglia, ha avuto un'infanzia amara. Frequentati i corsi della Scuola Moretto sotto la guida di Vittorio Trainini, Giuseppe Mozzoni, Pilera e Coceva, si è appassionato anche alla musica, tanto da realizzare alcune composizioni.
La sua produzione plastica, dapprima rispondente all'insegnamento ricevuto, in cui confluiscono anche le influenze della dolente esperienza esistenziale, dei concetti morali e politici ai quali s'è adusato, si è quindi orientata verso più moderna visione, con una modellazione maggiormente distesa e riassuntiva.
Presente a diverse esposizioni collettive fin dal primo dopoguerra (A.A.B., Piccola galleria UCAI) soltanto nel 1951 allestisce la prima mostra personale, nella sala della Loggetta in quel tempo sede del Gruppo degli Artisti indipendenti: mostra annove-rante opere concepite in circa vent'anni di attività. Altri quindici anni dovranno trascorrere per rivedere sue opere, ancora alla Loggetta, nel 1965. Opere di fantasia quali Lanciatore del peso, Infanzia, Calciatore, La presa, La siesta, L'addio, Elefanti congiunte a ritratti, fra i quali citiamo quelli delle signore Giuseppina Garin, Eleonora Zanoni, l'Autoritratto, Mia moglie, Miofiglio e poi i fratelli Piccini,l'avv. F. Guffanti, il pro! c. Lavagno, il comm. Guido Ortalli, Papa Paolo VI.
E temi sacri racchiusi nelle Pietà, in S.Francesco, Cristo, Ave Maria, S. Cecilia, S. Rocco, Gesù in croce, nelle ripetute Via Crucis: opere tutte alle quali si alternano esiti dovuti a concorsi, come il bozzetto per il monumento al Milite ignoto, oppure dettate da tragici eventi come la sciagura del Vajont, o l'Olimpiade del 1964; da stati d'animo espressi in Angoscia, Rimorso ....
Prevalentemente scolpite in marmo bianco, al quale Gino Casari ha saputo dare particolare levigatezza di forma, riflettono la ricerca del vero definito con semplicità ed apprezzabile compostezza.
Fra le opere custodite da enti o chiese ci è possibile citare: un bassorilievo per le Terme di Vallio al quale si congiunge un S. Rocco (1953); la statua di Cristo per una contrada di Sensole di Montisola (1954); Fede e Carità, statue per la parrocchiale di Vallio (1957); i 37 bassorilievi per il complesso "Margherita" a Villa Carcina (1966); la Madonna del santuario della Ceriola a Montisola (1969); la parte architettonica del monumento ai Caduti della Stocchetta (1970), e di Pertica Alta (1974-1976); val altresì citare il premio riscosso al "Concorso Formentin" per giovani artisti bresciani nel 1930 e la partecipazione al Concorso internazionale londinese indetto per il monumento a tutti gli sconosciuti morti per ideali umanitari (1952).
Ben 49 opere fra disegni giovanili, gessi, terre cotte, marmi e bronzi sono state riunite dalla retrospettiva dell'artista ordinata nelle sale dell' A.A.B. sotto il patrocinio dell'Assessorato del Comune di Brescia nel dicembre 1984.
Introdotto da Floriano De Santi, con note bio-bibliografica a cura di I van Giugno, il catalogo ricompone assai compiutamente la carriera artistica di Gino Casari, fa conoscere i molteplici interessi dell'uomo (musica, pittura, tecnica delle costruzioni, fotografia ecc.) e il suo carattere severo che, poco a poco, lo ha indotto all'isolamento. Scomparsa nel 1978 la moglie, signora Tilde Piccoli, si rifugia a Montisola dove muore settantatreenne.
Brescia, 19 luglio 1937.
Cresciuto nell’ambito di nota casa editrice, da G.B. Bertelli ha appreso per anni la tecnica minuziosa dell’illustratore. In questo campo da vent’anni collabora a testi scientifici, ultimo dei quali “Guardiamo gli animali”; a periodici quali “Madre”, “La Domenica del Corriere”, “Il Corriere dei pic-coli”.
Da alcuni anni ha affrontato la pittura ad olio partecipando a concorsi locali: evidenziandosi a volte; affermandosi in occasione del “Premio Olimpia” (sezione miniatura) del 1978.
Figurativo, predilige il paesaggio, non tralasciando tuttavia la natura morta e il ritratto. Nei suoi dipinti, lievi, effusi, si riflette la esattezza descrittiva derivante dall’attività editoriale che nelle composizioni, anche di notevoli dimensioni, lo induce a cercare nelle calcinate gibbosità di antichi intonaci, nei solchi lasciati nella terra dal contadino, nelle vene del legno di portali o di attrezzi rustici alito di vita umile e silente.
Giunto il tempo del pensionamento, Pietro Casari ha continuato a praticare la pittura, ma ha proposto assai raramente suoi dipinti a rassegne provinciali e cittadine, come quella che, allestita nel complesso conventuale delle religiose del Buon Pastore in via della Lama, dal 23 dicembre 2005, per una decina di giorni, ha rappresentato pittori mompianesi, vivi e scomparsi. Ha altresì operato alcuni interventi restaurativi di antiche tele.
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., “Brescia ‘80”, Brescia, 1-11 maggio 1980. Catalogo
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVIII.
L'''Enciclopedia bresciana" di Antonio Fappani lo dice bresciano e intagliatore. È autore di una grande soasa per la pala del coro e le portine laterali dell'altare maggiore della parrocchiale di Demo.
Nave, 19 febbraio 1939.
Autodidatta, figurativo, predilige ritrarre i consueti luoghi natali: “un ruscello che scende, pietre, alberi, un rustico sul sentiero, un breve slargo davanti a un portale”. La pittura di Cascio ci è nota soltanto attraverso la mostra tenuta nel 1976 a Bovezzo. Allora rivelava tratto mosso, costruttivo, e le cromie giocate su accostamenti tepidi e sommessi.
La professione di consulente d’azienda lo ha allontanato dalle manifestazioni artistiche, non ha però attenuato la passione per la pittura alla quale si riaccosta nei momenti liberi.
BIBLIOGRAFIA
L. SPIAZZI, “Studio G. 7”, Bovezzo, marzo 1976
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVI.
È detto scultore luganese, scolaro a Roma di Pietro da Cortona, quindi operoso a Torino.
Qui lo si ricorda per aver scolpito, con altri lapicidi, le lese ne nella facciata settentrio-nale di palazzo Loggia.
Secoli XIX-XX.
Nativo di Carpenedolo.
La "Enciclopedia bresciana" di Antonio Fappani lo dice autore, fra le altre opere, della lapide, con altorilievo, dedicata a Giuseppe Garibaldi e inaugurata il 2 maggio 1886; dei monumenti dedicati l'uno a re Umberto I e inaugurato il23 settembre 1905 nella piazza del comune, l'altro ai Caduti della prima gurra mondiale e collocato nel cimitero carpenedolese.
Una sua croce, sulla Rocchetta, ricorda le missioni predicate nel 1909. Trasferitosi a Milano, nel capoluogo ha continuato ad operare e si è spento.