Verolanuova, 24 maggio 1918 - 1986.
Appresi i primi elementi di pittura dal padre Gottardo, (v). ha frequentato per qualche tempo l’Accademia di Brera.
Dalle opere figurative dedicate alla sua terra, ai fiori di quella terra, al paesaggio raccolto delle vecchie contrade di paese animate da “antiche” figurette, emerge uno spirito silente, meditativo.
Nella sua pittura non mancano personaggi caratteristici d’un mondo che appare ormai lontano: l’Arrotino, il Pastore, i Minatori fermi nella loro fatica e umiltà.
Solidamente composte, le tele sono risolte con toni gialli, verdi chiari bruni finemente tramati.
Anche il tema sacro è stato affrontato dal pittore, e in una Deposizione dipinta negli anni Settanta, i toni chiari, effusi delle figure più vicine si stagliano sui più profondi della rocciosa quinta e del cielo; la luce consumando contorni delle pie donne attornianti la prospettica figura riversa di Cristo.
Presente a collettive provinciali a Cremona e in varie località cremonesi. Alla sua opera hanno prestato attenzione noti scrittori, fra i quali si ricordano Giannetto Valzelli, Franca Calzavacca, Mario Ghilardi, Gino Traversi.
Inconsueta la composizione Corpo celeste riprodotta nel Catalogo “Brescia ‘80”, maggio 1980: il pittore parrebbe affrontare un linguaggio riconducibile alla ricerca ottico-visiva.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Verolanuova, 10 aprile 1922 - 2002.
Artista pressoché sconosciuto in Brescia e provincia, Riccardo Este è fratello di Mario del quale si è appena detto.
Frutto della sua intensa attività rimangono presso gli eredi in Verolanuova (in particolare due sorelle) ai quali per eredità sono stati assegnati vari dipinti e le onorificenze meritate durante la sua apprezzata attività.
Affreschista di luoghi di culto, ma anche di nobili edifici, Riccardo Este pure nei quadri di cavalletto sembra versato soprattutto all’arte sacra.
Sarebbe meritoria una iniziativa che, mediante ricerca sicuramente gravosa, ponesse all’attenzione dei verolesi e non solo un artista vissuto all’estero, avendo in cuore la nostalgia della terra d’origine alla quale sia pure raramente soleva far ritorno.
Secolo XVI
E’ segnalato in un documento del 1546. Di lui non si conoscono opere, né si hanno ulteriori notizie.
BIBLIOGRAFIA
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984
Brescia, 5 agosto 1647 - 1678.
Detto Esseradts, il Fiamminghino, perché figlio di un Giovanni “maestro di ruote di archibugio” ori-ginario di Settart in Fiandra, e di Vittoria sua seconda moglie.
Allievo dapprima del fiammingo Jean de Hertz e, dopo la partenza di questi, a soli quindici anni, di Francesco Monti detto “Brescianino delle battaglie”, studiò poi a Roma. Dopo due anni fece ritorno a Brescia per sostenere madre e sorella, avendo perduto il padre a soli dieci anni.
L’Orlandi sostiene che l’Everardi “portò via tutta la maniera e il colorito” del Brescianino, che secondo alcuni avrebbe poi superato, avvicinandosi alla “eccellenza del Borgognone, se fosse più a lungo vissuto”. In verità, l’Everardi dipinse sicuramente quadri di battaglia, ma nessuno gli è attribuito con certezza. Così pure, delle sue bambocciate, nessuna è certamente di sua mano, per essere firmata.
Fu maestro a Faustino Bocchi, il più famoso autore appunto di tale genere.
M.A. Baroncelli esclude altresì sia sua la grande tela del secondo altare di destra che si trova nella chiesa di S. Giovanni Evangelista e raffigurante la Crocifissione dei diecimila martiri sul monte Arat.
A Brescia, si sostiene che l’unica opera sua certa sia una piccola stampa firmata e contenuta nel libretto “Il glorioso martirio delli diecimila soldati crocifissi sul monte Arat nell’Armenia”, già posta in luce da F.D. Floriano Canali “hora ristampato ad istanza dalli molto RR.PP. Canonici di S. Giovanni di Brescia”, (Brescia, Rizzardi, 1674). Sebbene ripeta il soggetto della pala in S. Giovanni, la stampa non è assolutamente riproduzione della stessa. La Baroncelli rileva infatti che “la scena della stampa è ricca di movimento… il segno tutto vibrazioni si confà bene alla scena concitata; vivace è pure il contrasto tra luci e ombre”.
Disperso un S. Nicola che scaccia gli spiriti maghi da una donna che Francesco Paglia nel 1686 affermava esistere in S. Barnaba e citata come opera di Angeletto Fiammenghino.
BIBLIOGRAFIA
E. PAGLIA, “Il giardino della pittura”, Ed. C. Boselli, 1958 e 1967.
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“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
R. LONATI, “Catalogo illustrato delle chiese di Brescia aperte al culto, profanate e scom-parse”, Brescia, 1994.
Brescia, 1933.
Di questo “operatore artistico” si ricordano le prime prove pittoriche: in collettive allestite alla “Galleria del Corso” (1960) e la personale alla “A.A.B.” nel gennaio 1963. Lo presentava allora Giannetto Valzelli che in quei quadri “neri di inchiostro di seppia” ravvisava la celebrazione di una “macerazione e di una rinascita”. Opere in cui finestrucole d’anima rivelavano preziose cristallizza-zioni; delicatezze da trina stemperate in una rosolia di malta. Pittura pessimistica che tutto vede consumarsi combusto, quasi nella voluttà disgregatrice della tenebra. Talento singolare Fabiano, e in progressiva evoluzione. Già affermato al Premio nazionale di Acitrezza nel 1961, ha proseguito un cammino approdato sul finire degli anni Sessanta a nuova espressione, alla oggettività: all’uso, pertanto, di nuovi materiali affrontati con tecnica incisoria, più che pittorica.
Ma Fabiano merita essere qui citato per ricordare almeno le notevoli manifestazioni a cui è appro-dato con questo suo nuovo operare. Se mostre personali ha tenuto a Roma e Firenze (1964) a Bo-chum (1968), Brescia (1973), esteso e di notevole livello l’elenco delle collettive cui ha aderito: Bre-scia (1960, 3, 6, 8, 9, 72, 73, 75); Gardone R. (1962); Milano (1963, 4, 7, 8); Castelfranco Veneto (1965); Berna (1966); Berlino (1968); Dusseldorf (1968); e d’ogni città erano gallerie di notevole risonanza quali la “Numero” per Milano, Roma, Firenze o le locali Zen, Acme, Sincron e, da ultimo, lo “Studio ‘80”, nonché noti premi quali “La Parete” milanese.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli editore, 1984.
Secolo XV.
Già era compiuta questa parte del “Dizionario” quando s’è potuto consultare il quarto volume della “Enciclopedia bresciana”, di A. Fappani, dalla quale rileviamo il nominativo di Alessandro Facchetti, pittore nominato in atti del 1529.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli editore, 1984.
Bedizzole, 29 giugno 1960.
Frequentato il Liceo artistico “V. Foppa”, nel 1978 si è iscritta alla Facoltà di Architettura di Venezia, laureandosi nel 1987.
Per qualche tempo è stata docente di disegno e storia dell’arte, progettando al tempo stesso e rea-lizzando vetrate d’arte e pannelli. La sua indagine artistica è iniziata affrontando varie tecniche de-corative, come la pittura su vetro e la copiatura di capolavori del passato, in particolare quelli do-vuti a Giovanni Bellini, Carlo e Vittorio Crivelli, rielaborati su vetro attraverso la scelta di alcuni sog-getti tratti dal repertorio di questi autori, resi con particolare ricchezza cromatica.
È giunto il tempo della ricerca autonoma, che l’ha allontanata dalla iniziale esperienza per appro-dare alla serie di opere nelle quali la figura femminile è preponderante e dove la esuberanza colori-ca lascia spazio a un gioco chiaroscurale: un bianco e nero che si sovrappone quasi solamente al rosso di alcuni espedienti grafici.
“Un chiaroscuro attenuato immettendo direttamente sul supporto il segno di matite grasse che permettono di modulare il tratto grafico al quale, a volte, si coniugano velature a olio”.
Le figura così realizzate in forma stilizzata offrono una loro ambiguità metafisica, la loro fisicità si scioglie, quasi per assurdo, in una immaterialità assoluta, tanto che il soggetto ritratto appare l’unico protagonista di un procedere muto.
Da Bedizzole a New York, può essere così sintetizzato il percorso espositivo di Lorella Facchetti, che accanto a partecipazioni a note manifestazioni, come l’edizione 2000 di Pulchra Ecclesia o la rasse-gna del Centro Fiera del Garda di Montichiari, ultimamente ha prodotto mostre personali, a volte con la sorella Moira, fra le quali si notano quelle di Cremona (Galleria Immagine Spazio Arte, giu-gno 2004), Castell’Arquato (Galleria Spazio d’Arte, luglio 2004), Brescia (Città Antiquaria, maggio 2005), Bedizzole (Sala espositiva “La Disciplina”, settembre 2005), New York (World for Art Gallery, settembre 2005).
BIBLIOGRAFIA
G. FUSARI, Lorella Facchetti, “STILE Arte” n. 75, febbraio 2004.
“STILE Arte” n. 77, aprile 2004, Lorella Facchetti, sguardi al femminile.
S. FAPPANI, “Lorella Facchetti, la rivelazione introspettiva”, Brescia, Città Antiquaria, 16 aprile - 15 maggio 2005. (Cfr.) “STILE Arte” n. 87, aprile 2005.
Desenzano, 27 giugno 1974.
Sorella di Lorella, anch’essa pittrice. Ha frequentato il Liceo artistico conseguendo il diploma di Maestro d’arte presso l’Accademia di B.A. veronese. Ed a Verona è rimasta legata tramite la Galleria Immagine, depositaria delle sue opere.
A differenza della sorella Lorella, che della figura femminile ha fatto la protagonista dei suoi dipinti, Moira, avvalendosi della tecnica mista, propone composizioni nelle quali si avverte in modo palese una ricerca continua sostenuta da una efficace vena creativa. È stato osservato che le sue compo-sizioni sono fortemente caratterizzate da una sorta di delicata sospensione, se non proprio da un senso di attesa, dal momento che la figura tende spesso a fondersi con quello che le sta attorno. Un dinamismo plastico che sicuramente si nutre di tinte in grado di allineare un che di note infor-mali.
Anche per Moira Facchetti parrebbe opportuno dire da Bedizzole a New York per sintetizzare la sua attività espositiva prodotta in alcuni casi a fianco della sorella Lorella, alla scheda della quale si rin-via per non ingenerare ripetizioni superflue.
Ulteriori cenni a lei relativi si rilevano nella rivista “STILE Arte” n. 75 del febbraio 2004 e n. 91 del settembre 2005.
Secolo XVI.
Già era compiuta questa parte del “Dizionario” quando s’è potuto consultare il quarto volume della “Enciclopedia bresciana”, di A. Fappani, dalla quale rileviamo il nominativo di Vincenzo Facchetti, “maistro depentor” citato in atti del 31 gennaio, 4 febbraio 1536 e del 1540.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli editore, 1984.