Palazzolo, 16 dicembre 1941.

Autodidatta, la sua fondamentale esperienza deriva dal soggiorno parigino degli anni Sessanta. Pe-riodo in cui ha potuto colmare lo sguardo dei capolavori francesi e della visione del mondo che in quella città lo attorniava e del quale colse aspetti nelle tele.
Partito da toni che richiamavano l’affresco, quasi monocromi, Formenti via via ha dato vita a dipinti in cui la gamma cromatica accesa si fa materia, massa in un ordito echeggiante il fauvismo e l’im-pressionismo.
Di suo, l’autore vi mette “una limpidezza e una allegria luministica che ben lo differenziano dai maestri francesi”.
Come per molti artisti palazzolesi, l’attività espositiva di Formenti si divide fra Brescia e Bergamo e le loro province. E’ così presente, dal 1969, in collettive a Palazzolo, Rudiano, Bergamo, Lumezza-ne, Brescia; allestisce personali a Bergamo, Paratico, Zinconia, Palazzolo, Desenzano, Brescia, Sa-mico, Lovere, spingendosi inoltre fino a Milano, Sorrento.
Componente del Gruppo E di Palazzolo, alcune sue apparizioni in pubblico sono avvenute in conco-mitanza di collettive ordinate dal sodalizio avente sede nel “Castello”.
Le Gallerie d’Arte Labus e La Roggia di Palazzolo si sono prestate quali prevalenti centri d’incontro delle opere di Primo Formenti con il pubblico, un itinerario esteso via via ad altre sedi espositive come la milanese Borgogna, la Fumagalli di Bergamo promuoventi la proposta estesa al Belgio, alla Germania e all’America dove un dipinto dell’artista entra nelle collezioni del Moma newyorkese.
Per ammissione dello stesso autore, l’ottanta per cento delle sue creazioni trova collocazione oltre confine anche quando, tralasciata la tecnica a olio, ha affrontato la pratica dell’affresco, mediato però dall’uso di materiali dell’avanguardia, come il cemento su cui stendere, quando è ancora umi-do, pigmenti e terre naturali ravvivati dall’uso acquoso di acrilici: non una cromia dominante, se non all’interno della composizione, in cui il colore puro sta a simboleggiare l’alito del sentimento. Un procedere che lo induce a equilibrati rapporti dominati dal colore oggetto e materia.
Negli anni 1987-1996 la sua esperienza s’avvalora per l’adesione al Gruppo “Disarmonie espressio-niste” fondato da Daniela Palazzoli e Giovanni Repossi. È il tempo dei lavori riuniti sotto il titolo di “Racconti” che precedono i cicli tematici, essenzialmente astratti, di “Giocando”, “Donne”, “Manifesti immaginari” e “Rapporti”, resi con l’applicazione di forme plastiche in legno dipinto, l’evidente struttura geometrica ravvivata dall’impasto cromatico denso, ma al contempo sfumato, quasi evanescente.
Emerge così con sempre maggiore chiarezza la propensione di Formenti a dar vita a “creazioni” che si misurano col sociale e che pur non cancellando le dimensioni del figurativo, si fanno sempre più allusive, fino alla perdita di una riconoscibilità diretta del soggetto rappresentato, per esaltarne la sola essenza.
L’ansia di sempre nuova ricerca ha spinto Formenti a misurarsi pure con la ceramica, ed a Faenza ha conosciuto il Direttore della Biennale faentina e Vittorio Sgarbi; per soddisfare un loro desiderio ha fatto dono di una sua opera al Museo della ceramica.
Recentissima l’installazione di manufatti in vetro ispirati al caffè ed esposti nel Florian di Venezia, e che la “Marco Polo” di Murano si è prestata per favorire la diffusione.
L’intenso lavoro ha propiziato ambito riconoscimento che Primo Formenti ha riscosso nel giugno 2004 in occasione del milanese “Premio delle arti”.
 
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