Brescia, 17 luglio 1932.

Figlio di Mario (v.) e fratello di Angelo.  Diplomato presso l'Accademia di Brera, insegna in scuole statali. Fin dalle prime apparizioni in pubblico, risalenti alla metà degli anni Cinquanta, nella pittura di Carlo Pescatori, originariamente rivolta all'astrattismo, ripreso però nell'intento di un aggiornamento più che espressione intima, s'avverte la ricerca di un linguaggio comunicativo capace di contenuti umani e sociali. La corrente milanese del «realismo esistenziale» pare in seguito offrirgli elementi confacenti allo scopo perseguito.
Ne sortono alfine motivi come Case di città, So (,a ione, che sembrano racchiudere, più di altri, la drammatica visione che il mondo contemporaneo propone al suo animo; dipinti che nel colori cupi, nelle forme attenuate sfiorano «neo espressionismo» dove l'esperienza astratta porta pur i suoi frutti, come è stato ben osservato.  Tappe di questo cammino sono, fra le altre, la serie delle televisioni (1961) p@r l'autore rappresentanti dell'odiema civiltà: simboli negativi, e annientanti, il trittico di Diamila (1962) dove maggiormente si esplicita la consapevolezza di solidarietà dovuta agli altri, verso tutti i tormenti quotidiani a cui siamo testimoni. Pittura, in quel periodo, densa, grumosa, rivelante le figure o le cose sul fondo tenebroso di asfalto: nella cupezza delle immagini a riflettere quasi la cupezza dell'esistere. L'approfondimento dei temi affrontati prosegue, pur notandosi nelle opere una evoluzione formale, quando «fugate le nebbie e le esitazioni, le immagini si stagliano su orizzonti nitidi con nervosa, mordente energia plastica ed espressiva... spazi invasi da fulgori acidi e solfurei, entro i quali, tra il fiammeggiare di una flora ostile, si svolge la duplice, lacerante tragedia che mina e sconvolge la vita di noi tutti... Da un lato l'urto, il duello mortifero tra la natura e la tecnica, dall'altro la sopraffazione dell'uomo sull'uomo, la violenza spietata sul deboli e sugli inermi». Nel trittico Una rosa per Hué si congiungono il pensiero, l'emozione, il giudizio e la condanna del pittore per quanto comporta la guerra vietnamita, ma altre opere di quel periodo come Uomo, Donna in cui esseri umani paiono assaliti da una «vegetazione carnivora», attestano non soltanto «situazioni abnormi di quella terra» lontana, ma assumono significato si esecrazione per tutto ciò e per tutti coloro che opprimono. In queste opere il colore s'è illimpidito, purificato, scandito entro disegno nitido, come «scaturito da uno spettro solare semplificato e nel contempo potenziato».  Ma la considerazione fondamentale: la violenza e la solitudine dell'uomo trova d'ora in avanti modo di esprimersi attraverso varie tematiche o «episodi» unitariamente condotti: come nelle spiagge esposte a Enschede, in Olanda, nel 1972, testimonianti il disastro ecologico incombente, che rende l'uomo, gli animali, tutto inanimati, su «fondali» d'una natura in cui l'operosità umana nemmeno più s'avverte. Mare, cielo, lo stesso essere umano ridotti a «monumenti» di una degradazione inarrestabile.  Ed anche il colore dei dipinti si fa livido, «il cielo assente» i relitti d'un mondo avvelenato divenuti motivo di altrettante nature morte, nelle quali si alternano anche i brani significativi di millenaria civiltà: bucrani, capitelli, statue celeberrime, elementi da dipinti di sommi artisti... fino alla oggettualità vitrea priva di qualsiasi vibrazione, di lieve alito vitale. Una allusione tragica al mondo di oggi attraverso la proposizione di eventi, capolavori che la formazione classica consente a Pescatori di «estrarre» dalle memorie dell'umanità.  Quasi per un raffronto. Accanto all'attività pittorica. v'è da ricordare la «inconsueta abilità e padronanza tecnica» di Pescatori acquafortista. Con questa tecnica ripercorre parallelo cammino a quello delle opere più note, fino agli ultimi «Ideali autoritratti» che, secondo Elvira Cassa Salvi, confessano ad un tempo il disagio e la fiducia dell'artista di oggi: e lo fa con una delicatezza di tocco ed una felicità di immagine che ha pochi riscontri nella sua produzione precedente. Si deve aggiungere che Carlo Pescatori, come il fratello Angelo, accanto al padre ha acqul'slto la tecnica del restauro, utile alla sua formazione, anche culturale.  Con le esposizioni documentate nelle allegate note, si devono almeno evidenziare le presenze singole di Pescatori nelle lontane gallerie di: Trento, Suzzara, Molfetta (1969), Roma e Milano (1970), Suzzara, Cesena (1971), Viadana, Enschede (1972), Neuchátel, Teramo (1973), La Spezia (1974), Bolzano (1975), Torino (1977), Trento (1980).
 
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