Ospitaletto, 13 settembre 1857 - Brescia, 2 settembre 1920.
Nato da umile famiglia di agricoltori, pur costretto a lavorare nei campi fino a diciassette anni, precocemente manifesta inclinazione alla scultura, tanto che si narra di numerosi suoi esiti d'intaglio su posate di legno, pipe e tabaccherie; suppellettili istoriate con motivi sacri e di fantasia, alcune delle quali ancor oggi visibili presso amici e conoscenti della sua famiglia.
Giorgio Nicodemi, autore di ripetuti saggi sul Ghidoni, ha elogiato la gioia squisita di alcuni pezzi lavorati in legno prima che il giovinetto divenisse scultore. Tra gli altri ricorda una tabacchiera in legno di boss o ornata dagli strumenti della passione di Cristo disposti con grazia attenta esapiente.
Poco più che diaciassettenne può trasferirsi a Brescia ed entrare nel laboratorio di PietrO Faitini (v.) del quale sono discepoli Luigi Contratti e Angelo Zanelli (v.). Con l'apprendimento degli elementi necessari a lavorare il marmo, materia prediletta prima di affrontare la creta, grazie alla generosità di alcuni conterranei può conoscere ed introdursi nel mondo artistico bresciano. Ha poco più di vent'anni quando, con il bozzetto Gli emigranti, gruppo privo di finezze ma fortemente espressivo e racchiu-dente i palpiti umanitari e le aspirazioni sue sociali, si aggiudica una borsa di studio sul Legato Brozzoni: una pensione che dal 1880 al 1882 gli consente di mantenersi a Milano e Torino per studiare, lavorando altresì nei laboratori di noti scultori come Odoardo Tabacchi (v.) che fu suo primo maestro.
Partecipa anche a varie esposizioni, per tutto l'ottavo decennio esponendo opere di ridotte dimensioni. Attratto dapprima dall'impressionismo del Grandi, supera ben presto questa visione nella ricerca di forme plastiche maggiormente definite: sono così da ricordare composizioni quali Una bella presa esposta a Milano nel 1883, Donna del popolo, Venditrice di acqua presente a Torino; Ritratto e un busto in gesso presenti a Milano nel 1886.
Il precedente anno aveva ricevuto commissione per realizzare la tomba Garbagnati al cimitero Monumentale; pressoché contemporanea l'affermazione ad un concorso urbinate per il monumento a Raffaello.
Grazie all'interessamento dell'arch. Antonio Tagliaferri, che sempre lo ha benvoluto, nel 1888 realizza il marmoreo monumento bresciano a Tito Speri posto nella omoni-ma piazzetta alle pendici del Castello. L'opera é severamente giudicata da Angelo Canossi e, in vero, nulla offre sul piano dell'arte ghidoniana. Ben più significativa la statua del Piacere inviata nel 1889 a una esposizione del Glaspalast di Monaco di Baviera e che subito venduta procura all'autore l'invito di recarsi a lavorare in Germania. Il suo temperamento non gli consente però di allontanarsi da Milano, dal suo studio ubicato dapprima in via Giuseppe Sirtori, poi in via Vivaio; ed a Milano ha in dono l'elezione a socio onorario dell'Accademia di B. A ..
Una replica di Emigranti, composta però delle sole due figure ben note, lo pone in evidenza al Premio Tantardini. È la medesima opera che nel 1920 sarà tradotta in bronzo per volere della municipalità bresciana: collocata dapprima nei giardini di Rebuffone, trasportata poi nel verde spazio di corso Magenta, a lato della chiesa di S. Barnaba dove ancora si trova.
Ben diversa sorte ha il gruppo de Le nostre schiave proposto alle Esposizioni Riunite nel 1894 ma rifiutato per il soggetto considerato allora audace e contrario alla morale. L'opera invece, nella sua eccezionale asprezza polemica, è una aperta denuncia nei confronti della prostituzione e rappresentativa della visione verista e sociale dell'au-tore. La figura centrale sarà in seguito fusa nel bronzo per l'avv. Fornasini. L'opera di Ghidoni, esposta in vetrina di negozio, suscita tuttavia l'ammirazione di vari artisti e discussioni tutt'altro che sterili; ciò non di meno il nostro scultore amareggiato sembra disertare le successive rassegne artistiche.
Prosegue le opere di commissione: per la chiesa prepositurale di S. Martino in Alzano Maggiore medita due statue degli evangelisti Matteo e Giovanni; del 1898 sono il medaglione commemorativo di Cesare Correnti a dieci anni dalla scomparsa, il monumento bresciano a Moretto, inaugurato solennemente nel quarto centenario del sommo pittore; per il Duomo di Milano compie le statue di Josafat e Joram alle quali seguono quelle per la parrocchiale di Montichiari e una dolcissima figura di Gesù fra i bambini per quella di Ospitaletto.
Con le sculture funerarie compiute per il cimitero Monumentale di Milano (tombe Garbagnati, Monge Griin) citiamo quelle del nostro Vantiniano per le famiglie Da Ponte e Bonoris; quindi i vari ritratti fra i quali i busti di Giuseppe Gallia e Antonio Tagliaferri, oggi all' Ateneo; opere di fantasia quali Verso la luce. Dopo il bagno, Putti festosi. La vergognosa, Ballerina, Attesa, Riposo, Risveglio, Sulla buona via, I primi passi, presentata alla Permanente milanese ne11911; tante altre che la recente mostra commemorativa voluta dalla comunità di Ospitaletto ha consentito di conoscere, da Testa di fanciullo a Venditore ambulante, dall'ovale con la figura d'una Donna che dipinge ai due Leoni destinati ad una porta della città (uno, ormai mal ridotto, è: vicino all'ingresso dello zoo in Castello), al ritratto di Ninì (1895) e poi figure femminili dalla classica compostezza oppure riflettenti la moda del tempo; nudini dal fine e svelto modellato, Maternità recanti un levigato gioco chiaroscurale; ricordiamo ancora le statue dell'altare del Duomo di Montichairi, il busto di Costantino QuarallTa nel pantheon Vantiniano. Membro di commissioni incaricate di aggiudicare i premi sul Legato Brozzoni, ha altresì meritato riconoscimenti in occasione dei concorsi indetti per erigere i monumenti bresciani a Zanardelli (1909) e a Tartaglia (1918) il cui bozzetto è pervenuto in dono all' Ateneo nel 1958. Ben figurato ha pure in occasione del premio Principe Umberto; su segnalazione del ministro Pasquale Villari, re Vittorio Emanuele 111 lo ha insignito della croce mauriziana, il nostro Ateneo lo elesse socio corrispondente nel 1901.
La lunga malattia che lo condusse a morte lo ha riavvicinato a Brescia; Milano, nel 1921, lo ha ricordato con una mostra all'Accademia di Brera.
Da allora il suo no~e compare solo fuggevolmente in pochi, noti repertori: troppo fugacemente per un artista misconosciuto anche in patria, ma meritevole di quella "giusta collocazione nel panorama nazionale che fino ad oggi gli é stata negata". AllA: Pinacoteca restano alcune piccole opere: Acquaiolo arabo, del 1881 e Nudino di fanciulla, in due versioni.
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