Brescia, 1950.
Studente all'Accademia di Venezia, dopo il liceo; salutato come insolita gradita sorpresa al suo esordio in personale nel 197 1, non ancora ventenne dimostra di avere raggiunto una inconsueta capacità di evocazione e una appropriata tecnica. Il suo è un mondo fantastico, «un mondo aurorale nel quale, orme, sigle, moti sotterranei affiorano e si disegnano in una luce diafana, sul biancore latteo di un'alba avvolta da vapori opalescenti o nei veli delle brume cangianti, tra grigi-azzurri, rosa lilla, verdi tenerissimi, di un cielo nordico». Questa visione già ferma, si ripropone ancor più matura nelle successive opere, solo che il prevalente tono s'è fatto di candore niveo, simbolo di purezza, ma anche di mortale silenzio. Una ricerca dell'essenza, un silenzioso messaggio donato attraverso eteree impressioni, labili, inafferrabili «brividi di vento sull'acqua o sulla sabbia del deserto, fiori di ghiaccio sui vetri, fili d'erba, alghe sottili come capelli di seta ... » una tensione sottile e pervicace che anima il pittore, nell'ansia di un colloquio d'anime.