Brescia, 1816 - Milano, 30 novembre 1894.
Anche Emanueli.
"Fra le opere, bresciana mente più interessanti, esposte alla Mostra Gardone antiquariato, il Pifferaio dello scultore Giovanni Emanueli".
Così si esprime il "Giornale di Brescia" del 26 giugno 1984, corredando la riprodu-zione della statua di succinti dati biografici dell'autore e dell'elogio espresso all'opera plastica dalla "Illustrazione popolare" del 23 giugno 1878.
La nota dell'anonimo cronista ha, per un sol attimo, interrotto il lungo silenzio calato sulla figura e sulla attività d'un nostro artista che, operando in Milano, meritò buona fama e stima di personalità della politica e dell'arte. Un silenzio alimentato fra noi dalla lontananza, ma anche dalla mutata visione d'arte e dalla difficoltà di reperire e raggruppare in mostra il frutto di una attività fervorosa, a volte geniale.
Da Dionisio (v.) intagliatore in legno, autore di incisioni e di sculture in marmo, Giovanni Emanueli nasce in città e dal padre apprende i primi elementi dello scolpire e dallo stesso genitore, le cui opere sono più volte presentate all' Ateneo, è introdotto nell'ambiente culturale. La precoce vocazione lo conduce a soli tredici anni a Milano, all' Accademia di Brera frequentata con il contributo della municipalità bresciana, dopo il premio di incoraggiamento conseguito in un concorso bandito dalla secolare Accademia di via Tosio.
Più noto come autore d'opere sacre, negli anni dell'affermazione l'Emanueli si dedica anche al ritratto: forse ricordo della visita avvenuta nel 1825, del 1830 è il busto di Francesco I d'Austria; del l83lla statua di Sacerdote egizio premiata all' Ateneo, del successivo anno il busto di Vincenzo Monti, del 1833 quello del pittore Giuseppe Bossi seguito, nel 1834, dal bozzetto Poesia piangente facente parte del monumento a Vicenzo Monti. Conservato nella Galleria Belvedere di Vienna è il ritratto del feldmaresciallo Radetzky, recante l'epigrafe "Pietate insignis et armis-Phidiae dignus fingi", al quale possiamo accostare i lineamenti di Napoleone I giovane.
AI 1836 risale la statuetta posta sulla fontana del giardino di casa Maggi, oggi Benassaglio, di via dei Musei; poco più tarde (1838 - 1840) le cinque statue in pietra di Botticino raffiguranti la Fede, la Speranza, la Carità e i SS. Pietro e Paolo, nella facciata della chiesa parrocchiale di Calcinato, collocate soltanto nel 1846.
Ancora fra noi, del 1845, il busto di don Giuseppe Antonio Febbrari parroco di Bedizzole: opera notata anche in vicini anni da Gaetano Panazza (Le manifestazioni artistiche della sponda bresciana del Garda, Ateneo di Salò, 1969); accanto si pongono una figuretta di fanciullo contemplante l'amore materno simboleggiato da un nido entro cui alcuni passerotti ricevono l'imbeccata, e un bozzetto per la Immacolata. Nello studio milanese di via S. Primo, dove l'Emanueli opera ormai costantemente e assiduamente, nascono composizioni varie, opere sacre e funerarie che prendono la via di esposizioni anche internazionali, a Monaco, Vienna, Parigi oppure destinate al Duomo di Milano, all'altare maggiore di S. Carlo ...
A noi è possibile seguire l'artista soltanto ad Almenno bergamasco dove S. Salvatore si eleva nella piazza maggiore; nel nostro Duomo nuovo dove restano il monumento funerario del vescovo Ferrari (1855) con varie figure allegoriche e la Speranzaposta sull'altare del Sacramento ideato da Rodolfo Vantini. Lo stesso anno per la famiglia Rovetta esegue il monumento al Vantiniano con una ammirata statua della l'1adon-na, un medaglione di una fanciulla Pellegrini per il quale Luigi Mazzoldi, che era suo caldo ammiratore, si sente in dovere di pubblicare nella "Sferza" i versi laudatori "Ad una madre".
Ancora Gaetano Panazza ricorda dell'Emanueli un'opera a S. Felice del Benaco, mentre Antonio Fappani sembra attribuirgli una statua del beato G .B.Bossini: figura che ci risulta essere del cremonese Giovanni Seleroni, autore altresì del ritratto di Rodolfo Vantini posto nel faro del monumentale cimitero nostro.
A Brera, dove lo scultore si è formato, in occasione di nota esposizione del 1875 si evidenzia Il pifferaio "da molti intelligenti dell'arte e da moltissimi artisti reputata degna del Premio principe Umberto".
Appartenente alla racccolta del barone Klein di Vienna, l'opera è giudicata un capolavoro, mentre la "Illustrazione popolare" già ricordata dice l'autore "uno scultore che da una quantità di anni non cessa di lavorare e i suoi lavori sono generalmente collocati prima che scolpiti".
L'interesse suscitato dall'attività creativa di Giovanni Emanueli è testimoniato nel tempo da noti cultori d'arte locali: mons. Fè d'Ostiani e Carlo Cocchetti, Luigi Mazzoldi e Antonio Morassi, fino a mons. Fappani e Gaetano Panazza già citati ai quali si coniugano studiosi di fuori, come G. Mongeri, L. Callari, U. Nebbia e L. Costanza Fattori ricordati da Bianca Spataro nella monumentale "Storia di Bre-scia"; 1'''Illustrazione italiana" che il 9 dicembre reca il necrologio.
Scultore prevalentemente classico, nella produzione dell'Emanueli non mancano echi dai modi puristi e persino romantici degli artefici milanesi quali, ad esempio, Strazza, Tantardini e Puttinati. All'anno 1882, i "Commentari dell' Ateneo" citano un Napoleone alla battaglia d'Arcole, busto in marmo; pressochè inedite le statue poste nella parrocchiale di Palazzolo.