Vestone, 31 marzo 1929. Vive e opera a Pali ne di Vestone.

La nascita all'arte di questo singolare scultore in legno è già tratteggiata: Silvestro Cappa ha le mani vaste della gente dei boschi. Mi dice, nei lunghi inverni le ore della luce del giorno volgono presto alla tenebra, si lavora il legno al riverbero del fuoco. Nasce da lì questo amore al materiale che è vivo nella immobilità al terreno, mentre dentro, in assoluto silenzio, scende e sale la linfa misteriosa dell'esistere. Cappa intagliava al temperino e gli nascevano tra le mani scoiattoli, orsi, uomini, lupi. Una evasione alla dura vita di lavoro passata fra le montagne di Valle Sabbia, Trompia, della Svizzera. E come si costruisce faticosamente un edificio, così Cappa giorno dopo giorno edifica se stesso, e con lui l'intagliatore.

Ha quasi quarant'anni quando affronta il giudizio del pubblico, dando l'avvio alla nutrita serie di partecipazioni a mostre collettive, di personali. In località vicine quali Sirmione (1971); Desenzano (1972, 75, 1980); Vestone (1973, 76, 78 e 1985); Carpenedolo (1975, 77); Vaglio (1976, 77); Salò e Maderno (1977); Manerba (1977, 78). In città lontane quali Pescara e Venezia (1973); Firenze (1974); Milano (1977); Michigan (USA, "Grosse Point Gallery", 1977); Locarno (1979); per concludere a Brescia (negli anni 1971, 73, 75, 77,79) e Desenzano ancora, dove alla "Galleria La Cornice", la mostra del 1985 coincise con la edizione di una monografia voluta da Fausto Sardini.

La sua ispirazione va cercata nella tradizione popolare, nel piccolo mondo della sua terra: qui nascono i suoi personaggi che, accanto a quelli di Ottorino Garosio, rappresentano la verità del quotidiano: il fabbro, la guida alpina, il carbunì, la fanciulla col cane, il prete, l'alpino, il suonatore di fisarmonica, il bracconiere ecc. che ancor oggi si incontrano per via, nelle osterie, sugli impervi sentieri. E poi, il rospo, la tartaruga, la mucca ... e con essi i sentimenti d'arguzia, d'ironia, di scanzonatura che ne hanno fatto una sorta di naif della scultura bresciana in grado, come nessun altro di cogliere la umile e nascosta vita.

L'accentuazione dei tratti caratterizzanti si attenua in alcune opere, ed allora emerge la più profonda vena di Silvestro Cappa in grado di fissare momenti di una sacralità atavica che, nei Crocifissi, perviene a traguardi di emblematicità espressiva: la stessa che animò gli intagliatori dei passati secoli le cui opere, sparse nelle chiese, nelle "santelle" delle valli, attraggono lo sguardo curioso e attento di Silvestro Cappa.

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