Cazzago S. Martino, 18 febbraio 1937.
Dopo aver compiuto gli studi magistrali a Brescia, ha conseguito il diploma di maestro d’arte presso l’Istituto A. Venturi di Modena; a Padova ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento di educazione artistica, di disegno e storia dell’Arte negli istituti superiori.
Dal 1960 circa opera nel campo della pittura, partecipando a concorsi e premi in varie città d’Italia. Dal 1974 al 1976, quale rappresentante della CISL, ha fatto parte del Gruppo permanente di lavoro della Biennale di Venezia.
Ma alla radice della sua pittura sta una esperienza che i dati biografici non possono rivelare, ed è l’esperienza acquisita sul lavoro: in Svizzera quale decoratore in cantieri edili e, dopo l’allontana-mento da quella nazione, la fatica della fabbrica, dove intraprende anche l’attività sindacale.
Dai primi paesaggi “filtrati attraverso una fantasia trepida (paesaggi della memoria) ora sfumati come da un velo di nebbia malinconica, ora quasi dissolti da una pioggia serale”, Caffi è giunto così alla figura, centro del suo interesse di uomo impegnato. E se il panorama, che pure ancora appare nei suoi dipinti, sa quasi di nostalgia dei nativi declivi, l’uomo alfine campeggia sulla tela, a dire l’esclusivo interesse dell’autore per chi lavora, con l’impegno teso a dare soluzione a quanto grava sulla esistenza degli umili. “Il problema quotidiano dell’alienazione di un lavoro impersonale, dell’u-sura della volontà e della capacità critica per i ritmi preordinati della produzione, dell’infiacchimento della iniziativa nella monotonia senza speranza di una fatica sempre uguale a se stessa”, avvince G.F. Caffi che, allontanata da sé la pur amata Franciacorta, d’impeto s’è accostato all’uomo. Ne sorte pittura lirica, ironica, di protesta, drammatica insieme, perché di tutto questo è composta la vita, soprattutto dei più deboli. Anche la tecnica usata è assai personale; il colore steso a larghi e mobili tasselli, con morbidezza di passaggi umidi di olio di lino che tende a grondare, incidendo le immagini, composte sia pure lontanamente nella eco espressionista.
Nel proseguo degli anni l’attività creativa di G.F. Caffi non ha subito alterazioni, sia nelle tematiche affrontate, sia nella tecnica. Prevale caso mai l’approfondimento della resa espressiva. Si è mantenuta intensa pure la presenza di suoi dipinti in mostre e concorsi, intervallati da personali ordinate in particolare nella Piccola galleria UCAI, della quale è stato presidente, con qualche sortita “fuori porta” come quella torinese alla Studio 901 nel 1988 o a Bornato dove nel 2000 ha esposto in Palazzo Villa Secco d’Aragona.
È stato l’ultimo sprazzo di luce, poi oscurato dal male che ha sottratto Caffi alla pittura, non alla considerazione di amici ed estimatori.
Oltre che in collezioni private, sue opere appartengono a edifici sacri cittadini, dalla chiesa degli Artigianelli a quelle della Madonna della Strada, di S. Anna, dei SS. Francesco e Chiara, di S. Giuseppe lavoratore, S. Cristo, S. Giovanni Battista alla Stocchetta. Con la cappella dell’Ospedale civile si nota la decorazione, a più mani, della facciata della chiesa parrocchiale di Gaino e della vicina santella.
A fronte della copiosa produzione pittorica e decorativa, appare esigua quella calcografica esemplificata da Sotto la luna, appartenente a cartella serigrafica composta nel 1987 con D. Giustacchini e F. Paci. Di questa disciplina dice il “Dizionario degli incisori bresciani” edito nel 1994, che propone pure la relativa bibliografia specifica.
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