Azzano Mella, 19 gennaio 1938. Vive e opera ad Azzano Mella.
Conosciuto con il diminutivo: Mènec.
Fino ad alcuni anni orsono artigiano falegname e restauratore, d'un tratto ha scosso la tranquillità della famiglia, composta da moglie originaria dell'India, da un figlioletto e dall'anziana madre, per essere scultore. Così, la sua casa, ottocentesca dimora posta di fronte all'edificio della Scuola media, si è via via animata delle sue opere plastiche realizzate prevalentemente nella creta.
Bruno Berti ha efficacemente fissato i giorni ormai lontani della coraggiosa decisione "momenti tesi, sofferti, ingrati trasmessi alle opere che si presentano ossessivamente mosse, con tratti frastagliati, isterici, con sfumature ispide come i tratteggi di una punta per sismografo".
Pur essendo stato vicino a Olves Di Prata (v.) Buraschi può considerarsi autodidatta "gli elementi del mestiere gli si appiccicano alle mani senza che lui se ne renda conto, così che si potrebbe dire, senza ricorrere alla retorica, che Mènec modella la propria pelle".
A queste prime sculture dalle evidenti cadenze popolaresche sono subentrate forme più meditate, che divengono, come ben ha osservato Luciano Spiazzi, in "Bresciaoggi" del 5 novembre 1983, architetture del corpo umano, singole o in coppia, totem moderni sui flutti dell'esistere.
Simboli di una ribellione nei confronti di tutto ciò che offende la dignità dell'uomo; dei miseri, dei deboli e indifesi in modo particolare. Il tumultuare dell'animo riflesso nei volti ridotti a vuoti ovali, i corpi "cariatidi" gelidamente immobili.
Fin dal 1978 presente a rassegne ordinate in Azzano Mella a ricordo del pittore Giuseppe Rossi, Domenico Buraschi ha quindi esteso la sua partecipazione a collettive provinciali in Villanuova sul Clisi (1978); Borgo S. Giacomo (1979); Brescia (Premio Moretto, 1980), a varie altre, in più occasioni affermandosi o inserendosi nella rosa dei premiandi.