Manerbio, 5 maggio 1891 - Milano, 8 settembre 1958.
Nato da Battista e da Maria Martinelli, è pittore oltre che scultore.
Vive un'infanzia assai triste: dai dieci ai quattordici anni garzone di salumeria, dai quattrodici ai diciotto esule a New Y ork, dove già si era trasferito il padre. In America tenta ogni mestiere senza apprenderne uno, com'egli stesso confesserà.
Di ritono a Brescia nel 1909, trova lavoro alla Piccola velocità e alla sera studia disegno e scultura. Per vivere fa anche l'accompagnatore al Pensionato, fin che riesce ad entrare nel laboratorio di Achille Regosa (v.) respirando alfine l'atmosfera desiderata, pur vivendo - come più tardi scrisse -"di bolletta, passione, sacrificio, qualche soddisfazione e .... bolletta". Anche a Milano, dove trascorre qualche tempo, vive stentatamente vendendo piccole sculture fin che, di ritorno in città, viene accolto e sorretto da Domenico Ghidoni (v.).
Giunge alfine l'affermazione e lunghissima si fa la nota delle opere realizzate. Nel ricordarle ci sorreggono l'intenso scritto di Ugo Vaglia nei "Commentari dell'Ateneo" del 1958, completo della nota delle opere, e la monografia "C. Botta artista bresciano" voluta dai familiari e arricchita con copiosa iconografia (1959).
Fra i giovanili lavori val almeno citare il dolente Ritratto della madre, realizzato a soli diciassette anni; Virgulto, nudo di fanciullo plasmato due anni più tardi (1913); poi fittamente si alternano figure, ritratti, allegorie, Pietà e Crocifissioni per chiese e cappelle funerarie, monumenti sia in città che in località italiane e estere.
Ritrasse Mons. Corna Pellegrini (1919), Mons. Giacinto Gaggia (1920), Mario Canali (1923), Duccio Agriconi e Giulio Togni (1928), Ettore Andreis e Virgilio e Pier Alfonso Vecchia (1930), Guido Canali (1931), Mario Pagani (1932); per Caglio Brianza, nel 1932 scolpisce il volto di Giovanni Segantini, di V. Erba nel 1933, di Angelo Canossi, del comm. Ferrari e di Serafino Gnutti nel 1934; del 1935 è il busto di Mons. Tomaso Bissolotti, del 1937 quello del cav. Sorlini. Del 1938 sono i lineamenti di Attilio Franchi e Franca Ferrari, del 1939 quelli del nob. Villa e del figlio suo, seguiti dai ritratti di Rina Allegri (1941), Carlo, Luigi e Clotilde Molinari (1944), don Volpi e Chiara Marelli (1948), il nob. Guarnieri (1949), Franco Margola (1953), la signorina Apollonio (1954), Maria Seneci e ing. Juker, di Milano, (1957), per non dire dei ripetuti studi per i familiari, la nipote Rosemaria (1954) la figlia Vanna (1955).
Notissimo il monumento a Cesare Battisti, sulle pendici del Castello (1919), ma numerosi altri dedicati ai Caduti sono a Soiano (1920), Parabiago e Alfianello (1921), Capriano del Colle e Montichiari (1922), Gargnano e Castenedolo (1923), Castegnato (1924), Pisogne (1951).
Numerose altresì le composizioni e le statue funerarie volute dalle famiglie Remy (Nancy, 1924), Palestra e Borra (Milano, Cimitero Monumentale, 1930), Ghizzi (Desenzano, 1932), Zanelli (Rodondesco, 1934), Brivio (Castenedolo, 1937), Ferrari (Mantova, 1940), Gnutti (Lumezzane, 1942 e 1949), Morelli (Pralboino, 1948), Zanella (Brescia, 1950), Sguazzi (Alfianello, 1952), Santagostino (Caglio Brianza) e Pederzani (Brescia) nel 1957.
E statue e fonti battesimali, tabernacoli, Crocifissi, Pietà ha plasmato per le chiese dell'Opera Oriente di Sofia (Bulgaria) nel 1929 e delle Suore ancelle Adoratrici (Brescia, 1930 e 1935), per la parrocchiale di Clusone (1936), per il Duomo nuovo di Brescia (1941), per le parrocchiali, ancora, di Pisogne (1942), Campagnole (1943), Passirano (1946), Clusone (1946 e 1947), Lumezzane S. Sebastiano (1947, 1948 e 1955), per la cattedrale dei SS~ Faustino e Giovita in Brescia (1951), per la cappella della Poliambulanza (1952), per le chiese di S. Francesco (1952), di S. Antonio in via Chiusure (1953), per SS. Nazaro e Celso (1956), per la parrocchiale di Passirano (1952) e quella di Buffalora (1957).
Ma la inconsueta capacità creati va di Claudio Botta ha sparso altre composizioni anche in edifici pubblici e privati; fra le tante possiamo citare quelle dell'Istituto frenasteniche di Pontevico (Ab. Cremonesini, 1931), della Galleria d'arte moderna di Milano (Ritratto della figlia, 1932), il monumento a Garibaldi (Orzivecchi, 1935), Maternità nella ex casa della madre e del fanciullo (Brescia, 1935), il grùppo dei mascheroni del palazzo Industriale (1936) al quale nel 1938 si sono congiunti i pannelli dipinti a olio; la Baccante per il Centro sordità di Sirmione (1937), la decorazione del palazzo Industriale di Milano (1937), la Carità per l'Ospedale di Desenzano (1938), la fontana di Lumezzane (1938), il monumento Serlini di Ospitaletto (1948), quello dedicato alla Famiglia operaia nel nostro Ospedale e i Pastorelli per l'Istituto zooprofilattico (Brescia, 1956).
Varie piccole opere sono poi nelle collezioni delle famiglie: Ambrogio (Milano), Santagostino (Caglio Brianza e Milano), Cimaschi, Morelli, Ferrari, Damiani, Palazzoli, Mensi, Deltratti (Brescia), Falsina (Iseo), Gnutti (Lumezzane), per non dire dei trofei, delle lapidi commemorative, delle targhe, i numerosi gessi rimasti nello studio e custoditi a lungo dai familiari dell'artista, i figli del quale, Gianoro (v.) e Vanna hanno seguito nella via dell'arte il nostro scultore.
Una Pietà ne adorna la tomba al Vantiniano.
In tutta la produzione di Claudio Botta si ravvisa fedeltà ad un ideale di verità semplice e umana, non influenzata dalle forme più avanzate della contemporaneità. Nelle "migliori v'è sempre il senso di vita e di immediatezza anche quando, in certi Santi, rispetta appieno la iconografia tradizionale", come ben ha osservato Bianca Spataro in "Storia di Brescia".
Per i meriti artistici, Claudio Botta è stato nominato Socio effettivo dell'Ateneo civico nel 1937.
Riteniamo infine di segnalare sue due formelle (firmate) in pietra, facenti parte della balaustra cingente l'ingresso alla Scuola materna "A. Ferrari" nell'omonimo villaggio e raffiguranti donne intente al telaio: opere di cui non abbiamo trovato riscontro nelle pubblicazioni consultate.