Palazzolo, 27 giugno 1946

Ha frequentato l'accademia Carrara, di Bergamo, sotto la guida del Prof. Trento Longaretti; ed ancor giovane, sul fare degli anni Settanta, ha intrapreso nutrita serie di partecipazioni a mostre provinciali, con opere ripetutamente inviate a Monticelli Brusati, Desenzano, Adro, Montichiari, Capriolo, Iseo, Villanuova sul Clisi, Coccaglio, Travagliato, Colzate e Brescia, nonché a manifestazioni del paese natio. Oltre i confini bresciani è presente a mostre in Corno Giovine (MI), Soresina,Vertova, Milano (Biennale), Roma Castelleone, Larlo Cadorago, La .Spezia; nelle Gallerie «La Torre» di Bergamo, «La Cornice» di Bovolone, «Borghetto» di Travagliato e in Palazzo reale di Milano.  La pittura di Piero Raccagni muove dalla sofferenza umana e pertanto è soprattutto rivolta alla figura.  Figura idealizzata ma «ugualmente riconoscibile attraverso i gesti di sempre». Uomo e macchina, esposto nella vasta rassegna «Brescia '80», Brescia, 1-11 maggio 1980, che ci ha fatto conoscere questo pittore, può ben indicare la via della sua ricerca: per quelle componenti formali indicative della figura e del mondo effigiati sinteticamente.  Al di là della composizione «tendente al monumentale, raffigurato attraverso chiara e limpida sintesi plastica» v'è da rilevare la fonte primaria a cui Raccagni attinge: fonte interiore, libera da suggestioni e da con(llzlonamenti, anche se la realtà in lui acquisisce rilevante importanza per tutto quel che propone.  Quella realtà fatta d'angoscia, di ansia, di rinunzia ed affidata alle statiche figure soffuse «da un'aura di sacralità d'antico Crocefisso dal capo reclinato in un sereno abbandono.  Volti femminili pieni di grazia e di soavità velati di sofferenza pudicamente celata, intimamente custodita», com'è stato osservato. A supporto dell'agro racconto svolto da Raccagni stanno la materia del suoi dipinti: (materia grezza, virile, espressiva) e alcune componenti formali dell'arte moderna, come la geometrizzazione dei volumi, vivificanti il susseguirsi degli episodi in cui la iconografia che sa d'antico si coniuga alla inconsueta finezza cromatica.

 

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