Cellatica, 19 febbraio 1926. Vive e opera a Cellatica.
Domicialito in città fin verso lo spegnersi degli anni Settanta, primario ostetrico-gi-necologo, per naturale inclinazione è pittore, oltre che scultore. Assorbito dalla impegnativa professione medica non gli è stato possibile assiduamente applicarsi nel campo artistico. Scandite dagli anni le sue partecipazioni a mostre collettive: dai concorsi di pittura e scultura riservati ai medici che lo han visto emergere alla "Galleria Labus" della nostra citta nel 1973 e nel 1975 e in seno ai quali ricordiamo Attesa, incubo e speranza; alle rassegne del Gruppo Campiani-Zeit alla A.A.B. (Brescia, 1974), alle Gallerie "La Leonessa" (Brescia, 1975), "S. Vidal" (Venezia, 1975); dalla manifestazione degli artisti antifascisti lombardi nel Quadriportico di piazza della Vittoria (1975) alla Mostra d'arte sacra in Duomo vecchio (Brescia, 1976) in occasione della quale con G.F. Caffi, Luigi Salvetti e Vi netti ha dato vita ad una composizione che "si amalgama nell'attualità rivisitando il presepio: pastori che son gente dalla pena angusta, assillanti orizzonti di fabbriche, la luna inerte e lontana", come ha osservato Luciano Spiazzi, alle recenti presenze alla "Piccola galleria UCAI" di via Pace per la raccolta Perchè l'uomo viva: gli artisti ansiosi di offrire una parola di speranza, e il "messaggio di Corti, pensieri estratti dalla esperienza"; per concludere con l'omaggio a Maviorano proposto a Gussago (1984).
Una sola mostra personale, alla "Piccola galleria UCAI", nel 1974. Nell'opera di Luigi Corti s'avverte la personalità di chi della sofferenza, ma anche delle gioie umane sa raccogliere, sa far lievitare quotidiana testimonianza. Tanto che ci par di poter affermare che della vita e dell'agire artistico ha fatto ideale coniugazione: nel 1975 non ha esitato ad aderire alla sollecitazione del conterraneo padre Bertulli, da ventott'anni missionario in Mozambico, di recarsi là per prestare la sua opera a popolazioni che alla indipendenza han sacrificato il prezioso contributo un tempo offerto da operatori, tecnici, medici stranieri. Dal 1975 al 1983 la consapevolezza umana ed etica del medico ha dunque lasciato ben poco spazio allo scultore, che l'esperienza vissuta fra le crude condizioni di quella gente ha fissato in una sola opera. Una Madonna dalle sembianze di una giovinetta resta nella chiesa di S. Anna in via Franzone.
Nella cera e nel bronzo, nel marmo si animano opere quali L'agguato, (1973), Sciacalli, Ratto delle Sabine (1974), volti e varie figure umane: la fantasia, mossa da quotidiani accadimenti, subito si ritrae per l'emergere dell'intima natura di uno scultore inquieto, ricercatore teso a testimoniare. Una testimonianza fatta lucida analisi e, pertanto, spesso amara, come dolenti, tragici sono i visi di alcune creature composte con espressionistica accentuazione.