Brescia, 1929.
Figlia di Eliodoro, sorella di Aldo, pittori dei quali si dice specificatamente, Anna Coccoli è essa stessa pittrice oltre che scultrice. Bene ha osservato Giuseppe Rivadossi affermando che Anna ha appreso in famiglia il grande mestiere, ma dal padre e dal cenacolo di artisti che incontrò nel periodo della formazione non ricevette solo il mestiere ma anche un modo di osservare la vita, l’uomo, gli eventi, prendendo coscienza del suo tempo.
La personalità attenta ai fermenti della contemporaneità testimoniata dalle opere pittoriche si propone “nelle forme programmate” risalenti al 1969 e rivelate dalla mostra personale allestita nella scomparsa Galleria del Minotauro. Fin da allora si palesa una sensibilità vigile nei confronti dei sentimenti e delle ricchezze interiori, valori che hanno nutrito e sostenuto il notevole talento di colei che si è costituita un “mondo rabdomantico, un proprio universo culturale con modelli e coordinate che non sono costruite dal metodico studio o dalla frequentazione accademica, ma da libere letture, dall’affannoso esercizio della copiatura di libri, riproduzioni fotografiche, riviste, cataloghi che il padre raccoglieva e annotava nel proprio studio”. Così Valerio Terraroli ha individuato la matrice della ricerca di Anna Coccoli, presentando la mostra personale tenuta nelle sale dell’AAB nel 2001.
Il processo creativo rivisitato si sviluppa attraverso il “trasudare silenzioso di un fiore d’ortensia, dalle assorte teste di vecchie nelle quali il reticolo delle rughe è insieme ramage elegante delle superfici e ferite sanguinanti”. Stilemi trasposti via via nella pittura che mediante la corposità terrosa volge a una espressione informale.
A confermare la prevalente attenzione dell’artista verso gli eventi della contemporaneità resta la serie dedicata a Hiroshima e agli scioperi operai (1962-64) nella quale il colore diviene violento, mescolando le visioni, le figure e le spoglie sagome delle fabbriche, dando ai dipinti funzione critica, di denuncia nei confronti della società odierna. I periodi trascorsi in Brasile pongono la pittrice di fronte alla miseria, alla povertà delle favelas dove ritrova e riconosce l’umanità sofferente e martoriata che le ispira le grandi tele del “Carnevale” e “Delle donne che camminano in uno spazio urbano” compiute nei primi anni Ottanta e riavvicinabili ai lavori sortiti dalla visione manifesta nell’immediata dopoguerra. Le figure si ingigantiscono nello spazio pittorico e la tavolozza si fa bruna, grigia, rossastra restituendo allo sguardo la bellezza delle donne brasiliane, grandiose nel loro emergere dal fondo scuro, simili a idoli.
Nella loro sintesi compositiva, nel tono cromatico essenziale, queste figure dall’intensa plasticità non a caso han fatto dire di ascendenze sironiane, riproponenti una monumentalità silente che fa scaturire struggente motivo di condivisione.
Dopo l’esordio al Premio Olimpiadi della Gioventù - Arti figurative - di Roma nel 1958, Anna Coccoli ha partecipato a varie notevoli manifestazioni, dal Premio Suzzara al Premio Sant’Ilario d’Enza e allestito numerose personali: nel 1960 e 1964 alla Galleria Alberti in città, nel 1962, 1964 e 2001 all’AAB, nel 1968 nella scomparsa Galleria del Minotauro, mentre nel 1969si è presentata nella Galleria Gelso di Lodi. La Galleria S. Michele l’accoglie nel 1972, mentre l’anno successivo sue opere figurano in Palazzo Gonzaga di Sabbioneta e nel 1974 e 1980 nella Galleria Portal di S. Paolo del Brasile dove, nel 1994, si ripeterà presso il Museum de Arte. Nel 1978 nella bresciana Galleria dell’Incisione. Alfine, Brescia ha accolto ulteriori due mostre personali, presso la Galleria dell’In-cisione (1991) e la Galleria dell’Officina (1994).
Durante il suo pellegrinare, Anna Coccoli ha veduto sue opere approdare in collezioni pubbliche e private non solo in Italia, ma anche in USA e Bra-sile.
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