LEO. Gardone V. T., 4 novembre 1950.
Precocissima la passione pittorica di Leo Campanelli, il quale a soli quattordici anni allestisce la prima mostra personale alla “Galleria il Salotto” di Padova.
Frequentato il liceo artistico V. Foppa di Brescia ha quindi intrapreso l’insegnamento in scuole gardonesi.
Alla prima apparizione in pubblico altre ne sono seguite, con invidiabili affermazioni: al Premio internazionale di S. Alberto di Butrio (Pavia); ancora a Pavia nel Premio Pro Loco Rivanazzano, al concorso “Il Ticino nell’arte”, a Genova per il tema sulla Natività. Con la successiva presenza a Viareggio, sono altre in Brescia e Provincia.
Prettamente realista, il suo segno è rivolto soprattutto alla sua terra, e alla gente di quella terra della quale coglie gli aspetti d’una esistenza greve, cosparsa di silenzi e di impegno. Lo stesso impegno che Campanelli testimonia attraverso la attività pittorica e che, rivolta agli umili, dagli umili soprattutto sa farsi intendere.
A lato dell’arte “pura” Campanelli svolge anche attività scenografica.
Diplomatosi maestro d’arte presso l’istituto artistico di Castelmassa, ha quindi conseguito l’abilita-zione all’insegnamento alla Accademia di Brera in Milano. Si conosce la sua pittura solamente attraverso le mostre bresciane: nel 1973 nella “Galleria centro iniziative culturali di S. Faustino”, e nel 1975 presso la saletta della “Galleria Quadrifoglio” di via Cavalletto.
Sia Luigi Salvetti che Giovanni Repossi, prefatori dei due cataloghi, riconoscono a Campanelli l’im-pegno umano, l’adesione ai problemi sociali che gli offrono i motivi contenutistici per le opere.
Ne sorte una rappresentazione vigorosa, gridata, che pur ricollegandosi alla “nuova figurazione” ha nella deformazione delle figure, nell’accentuazione dei gesti la palese risonanza ad un’animo inquieto e partecipe della contemporaneità.
Già prima di esporre a Brescia, Campanelli aveva esposto in varie città italiane e sue opere figurano in collezioni tedesche, francesi, olandesi, oltre che italiane.
E’ il frutto del “vagabondare” intrapreso negli anni Ottanta e che lo ha portato per lunghi periodi in Nepal e a Cuba. Così che anche la sua creatività si è via via trasferita dal descrittivo alla penetrazione del significato simbolico presente nella cultura dei popoli avvicinati, interpretandone stati di innocenza, di primitiva purezza, tradotti, quasi, in geometrie astratte.
Dei soggiorni trascorsi in quelle terre ha dato resoconto con le mostre personali allestite nel dicembre 1986 - gennaio 1987 nella Biblioteca civica di Pontevico, nella sala dei SS. Giacomo e Filippo, in città, nel dicembre dello stesso 1987, e in Palazzo Bonoris di via Tosio nel 2004.
BIBLIOGRAFIA
“La Voce del popolo”, 23 gennaio 1975.
“La Voce del popolo”, 21 novembre 1975.
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R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
G.C. PIOVANI, O. DI PRATA, “Pino Campanelli: viaggio: Kashmir, Nepal”, Pontevico, Biblioteca civica, dicembre 1986 - gennaio 1987.
T. TOMASONI, AA. VV., “Pino Campanelli”, Brescia, Sala dei SS. Filippo e Giacomo, 29 novembre - 13 dicembre 1987.
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F. LORENZI, “Pino Campanelli. Geometrico, esotico, errante”, Brescia, Palazzo Bonoris, 11-30 dicembre 2004. (Con nota delle mostre personali e collettive, dei critici che si sono interessati al suo lavoro).
F. LORENZI, Canto di un pittore errante, “Giornale di Brescia”, 9 dicembre 2004.
R. LONATI, Paesaggi dell’anima di Campanelli, “La Voce del popolo”, 24 dicembre 2004.